L'Assemblea generale dell'ONU boccia Trump su Gerusalemme
Hanno votato contro la risoluzione e a sostegno di Trump : Guatemala, Honduras, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Palau, Togo e ovviamente Israele e Stati Uniti.
Si sono pronunciati contro Trump e contro il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele i principali Paesi Ue, a partire da Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna. Tra i 35 Paesi astenuti ci sono Argentina, Colombia, Filippine, Australia, Benin, Butan, Bosnia-Erzegovina, Canada, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Messico, Paraguay, Polonia, Romania, Sud Sudan. Il voto dell'Assemblea Generale, a differenza di quelli del Consiglio di Sicurezza non è in alcun modo vincolante ma ha una forte impatto politico. "E' una vittoria per la Palestina", ha dichiarato un portavoce del presidente palestinese, Mahmoud Abbas.
La Risoluzione, approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite, non è vincolante per impedire che Gerusalemme venga riconosciuta unilateralmente capitale israeliana e per bloccare il trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv alla Città Santa. La dichiarazione riafferma quanto sostenuto dalle Nazioni Unite dal 1967, ossia che lo status definitivo Gerusalemme dovrà essere deciso mediante negoziati diretti tra Israele e Palestina.
Lunedì 18 dicembre, il documento, redatto e proposto dall’Egitto, era già passato al vaglio del Consiglio di Sicurezza, ma gli Stati Uniti avevano esercitato il diritto di veto, bloccando la sua approvazione. Con il sostegno di alcuni Stati arabi e musulmani, si è chiesta allora una Sessione speciale di emergenza di tutta l'Assemblea dell'ONU in base alla disposizione 377A del 1950. In questo modo la Risoluzione è stata sottoposta al voto dell’Assemblea Generale, composta da 193 Stati, dove nessun membro ha il diritto di veto. Se fosse stata approvata al Consiglio di Sicurezza, la mozione avrebbe avuto un valore diverso, tuttavia, la sua ratificazione ha comunque un peso politico importante.
Il giorno dopo il voto presso il Consiglio di sicurezza, martedì 19 dicembre, l’ambasciatrice americana presso l’Onu, Nikki Haley, aveva inviato a circa 180 Stati dell’Assemblea Generale una lettera, nella quale affermava che Washington avrebbe ricordato i nomi di coloro che avrebbero votato per approvare la Risoluzione. Il giorno seguente, mercoledì 20 dicembre, Trump aveva minacciato di tagliate i fondi a tutti quei Paesi favorevoli alla mozione, pensando che tale mossa avrebbe potuto influenzare la decisione di quegli Stati che usufruiscono maggiormente degli aiuti finanziari statunitensi, tra cui Afghanistan, Egitto, Giordania, Pakistan, Nigeria, Etiopia, Tanzania e Sudafrica, che, invece, hanno votato a favore del documento.
In seguito alla comunicazione dell’esito, l’amministrazione Trump ha fatto sapere che il voto in seno all’Assemblea Generale non influirà sul trasferimento dell’ambasciata ameircana da Tel Aviv a Gerusalemme. Subito dopo l’Assemblea di giovedì 21 dicembre, Nikki Haley ha dichiarato che " nessun voto alle Nazioni Unite farà la differenza" e ha invitato i 65 ambasciatori dei Paesi che hanno votato No, che si sono astenuti e che sono stati assenti alle votazioni, ad un incontro, il 3 gennaio 2018, per ringraziarli dell’amicizia mostrata nei confronti degli Stati Uniti. La diplomatica statunitense ha aggiunto che questo voto cambierà il modo in cui gli Stati Uniti considereranno l’Onu e le nazioni che hanno mancato di rispetto a Washington.
L’ambasciatore palestinese, Riyad Mansour, ha definito il voto una vittoria non solo per i palestinesi, ma anche per le Nazioni Unite e la legge internazionale, affermando che la Haley ha fallito nel suo tentativo di costringere gli Stati membri a respingere la mozione. I leader palestinesi hanno ringraziato l’Assemblea Generale per aver respinto la decisione di Trump, nonostante la pressione esercitata da Washington.
Giovedì 21 dicembre, prima che l’Assemblea Generale votasse, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha sostenuto che, nonostante il voto, Gerusalemme rimarrà la capitale dello Stato israeliano e che, nella sua visione, altri Paesi seguiranno l’esempio di Washington e sposteranno le proprie ambasciate nella Città Santa. Dunque nessun rispetto per il Diritto internazionale e convinzione che quello che conta è solo la forza.