L'UNIONE EUROPEA CRITICA L'AMICO OLANDESE DI PUTIN PER I PROCLAMI SCIOVINISTI
Un comportamento contrario all'interesse generale dell'Europa, fortemente discriminatorio, non all'altezza di uno dei Paesi fondatori dalle tradizioni liberali e dalla storia basata sulla tolleranza religiosa e nazionale. Queste le ragioni per le quali, in un acceso dibattito presso il Parlamento Europeo, mercoledì, 14 Marzo, il governo olandese è stato criticato da tutte le forze politiche dell'emiciclo di Strasburgo.
A scatenare la forte reazione contro Amsterdam è stata la pubblicazione sul portale ufficiale del Partito per la Libertà - membro della coalizione di governo olandese - di un dettagliato report che ha contestato le assunzioni dei lavoratori provenienti dall'Europa Centrale, e ha collezionato una serie di denunce in merito a casi di disturbo della quiete pubblica da parte di polacchi, romeni, ungheresi, e bulgari.
Nonostante i moniti preventivi lanciati dal Parlamento Europeo, dal Commissario Europeo per la Giustizia, Vivianne Reding, e dal Ministro per gli Affari Europei della Danimarca - Presidente di turno UE - Nicolai Wammen, il Capo del Governo olandese, Mark Rutte, non ha preso provvedimenti nei confronti del suo alleato di coalizione.
Al contrario, il Segretario del soggetto politico di estrema destra, Geert Wilders, ha continuato nella sua campagna dai contorni populistici contro i Paesi dell'Unione Europea entrati nella comunità continentale dopo avere vissuto mezzo secolo sotto l'egemonia autocratica sovietica.
Il primo a criticare il governo olandese è stato il francese Joseph Daul, del Partito Popolare Europeo, che ha evidenziato come simili comportamenti possano essere definiti come razzisti e pericolosi per l'armonia interna all'Unione Europea.
Concorde il suo collega di Partito, il romeno Marian Jean Marinescu, che ha illustrato la volontà di esercitare il massimo della pressione possibile su Amsterdam affinché questi comportamenti vengano immediatamente cessati.
"Un tempo i nazisti hanno scritto sule porte degli uffici pubblici che quei luoghi avrebbero dovuto essere riservati alla razza pura. Non vorrei che in Olanda si arrivasse alla medesima situazione" ha sottolineato il polacco Jacek Kurski, del Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei.
Prima di lui, un invito all'isolamento della forza politica contestata è stato lanciato dal Capogruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici Europei, Guy Verhofstadt, che ha illustrato come un simile Partito non sia degno di svolgere compiti di alta responsabilità nella coalizione di un governo europeo.
"Purtroppo non è solo una questione di intolleranza. L'Olanda si oppone sistematicamente all'ingresso nell'Area Schengen di Romania e Bulgaria" ha illustrato il Capogruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici Europei, Hannes Swoboda, che ha evidenziato come il caso olandese sia indice di una ben più diffusa tendenza a emarginare l'Europa Centrale dalla vita politica dell'UE.
In effetti, la questione di Amsterdam non è che la punta di un iceberg ben più profondo, che divide in due il Vecchio Continente. Da un lato, Germania e Francia - con il sostegno di Olanda, Belgio, e Lussemburgo - stanno cercando di trasformare l'UE in una comunità divisa in diversi piani di integrazione, al vertice dei quali siedono quelle realtà dell'area euro maggiormente privilegiate, come, per l'appunto, l'asse franco-tedesco.
Dall'altro, restano i Paesi del'Europa Centrale che non hanno adottato la moneta unica, i quali, nonostante le salde economie, come il caso della Polonia, chiedono invano l'allargamento della platea decisionale a tutti i 27 Stati dell'Unione e, sopratutto, una comune politica UE in campo estero e energetico.
In questi due ambiti, la divisione del Vecchio Continente è piuttosto evidente. I Paesi Occidentali - con l'eccezione della Gran Bretagna - hanno frenato ogni sforzo per allargare l'Unione Europea ai Paesi dell'Europa Orientale - Ucraina, Moldova e Georgia - nonostante questa decisione sia un un passo necessario per salvaguardare la sicurezza di Bruxelles dal rinato impero russo.
Come più volte dichiarato in campagna elettorale, il neo-rieletto Presidente russo, Vladimir Putin, intende eliminare dalla competizione economica del Pianeta l'Unione Europea per consentire alla Russia di ampliare la propria sfera di influenza geopolitica - sempre a spese dell'Europa - e di esercitare un ruolo di superpotenza al pari di Cina, India e Brasile.
Allo stesso modo, proprio Germania, Francia e Olanda hanno supportato i piani energetici di Mosca volti a mantenere la propria egemonia sul Vecchio Continente mediante la politica del divide et impera. Proprio Berlino, Parigi e Amsterdam - oltre che Slovenia, Austria e Slovacchia - hanno acconsentito alla cessione ai russi del controllo, parziale o totale, dei propri gasdotti nazionali.
In aggiunta, le principali compagnie energetiche tedesche, francesi e olandesi hanno collaborato con il monopolista russo, Gazprom, per la realizzazione del Nordstream: gasdotto costruito sul fondale del Mar Baltico per bypassare Paesi dell'Unione Europea politicamente invisi al Cremlino, come Polonia, Lituania, Lettonia e Estonia.
Matteo Cazzulani