Elezioni in Austria e nella Repubblica Ceca: ancora più difficile l'integrazione politica dell'Europa
Quello che sta succedendo nel cuore dell'Europa deve richiamare tutti ad una analisi più attenta dei processi in corso e, soprattutto, richiederebbe un cambio di passo strategico dell'Unione Europea.
Le elezioni in Austria non fanno che ampliare l'influenza se non il numero dei Paesi aderenti al Gruppo di Visegrad, composto da Ungheria, Cechia, Slovacchia, Polonia, sempre più caratterizzato da posizioni euroscettiche, nazionaliste e anti-immigrati.
Vedremo come e dove piloterà la Cechia Andrej Babis che, facendo già parte del gruppo di Visegrad, vorrà assumere un suo profilo specifico rispetto all'ungherese Orban, al polacco Kaczynski, allo slovacco socialista-populista Robert Fico.
ANALISI DELLE ELEZIONI LEGISLATIVE DEL 15 OTTOBRE 2017 IN AUSTRIA
I popolari di Sebastian Kurz (Oevp) hanno vinto le elezioni austriache con il 31,6%, secondo le ultime proiezioni, 7 punti in più rispetto alla precedente consultazione. I socialdemocratici del cancelliere Christian Kern scendono al 26,9%, ma restano secondo partito, mentre l'estrema destra (Fpoe) di Heinz Christian Strache, euroscettica e anti-islamica, fa un balzo al 26%, più cinque punti, il miglior risultato dal 1999 quando raggiunse con il carismatico Joerg Haider il 26,9 per cento. In caduta libera al 3,8% i Verdi, che rischiano per la prima volta di non entrare in Parlamento. I Neos vanno al 5,1% e la lista Peter Pilz al 4,4 per cento.
Secondo le proiezioni che tengono conto anche dei 900mila voti postali che verranno conteggiati però solo successivamente a quelli delle urne, si delinea una netta maggioranza del 57,6% per un governo di centrodestra formato dai popolari del giovane leader Sebastian Kurz e i nazionalisti di Heinz Christian Strache, che chiederanno posizioni dure contro Bruxelles in materia di migranti. Sempre possibile sulla carta una riedizione della Grande coalizione tra popolari e socialdemocratici, rifiutata però da entrambi i partiti, mentre la strana alleanza tra l'estrema destra di Strache e i socialdemocratici è al momento solo un "gioco" per alzare la posta delle concessioni di potere da strappare al futuro partner. Vedremo.
Male i Verdi, che pure l'anno scorso avevano avuto un esponente indipendente che si richiamava ai loro valori addirittura eletto alla Presidenza della Repubblica austriaca. In quest elezioni hanno pagato il fatto di essersi divisi in due formazioni.
Il vincitore è Sebastian Kurz, “wunderwuzzi”, il mago bambino, che ha riportato il Partito popolare austriaco dal terzo ad un saldo primo posto. Se Sebastian Kurz diventerà cancelliere sarà il premier più giovane del pianeta a soli 31 anni. Ma niente paragoni con il presidente francese Emmanuel Macron, 39 anni, poiché si tratta di tutta un'altra storia. Macron ha fondato un suo partito partendo da zero, Kurz ha preso in mano il vecchio partito dei democristiani (l'Oevp) trasformandolo in un partito personale e spostandolo decisamente a destra. «Fino a quando non saranno sicure le frontiere dell'Austria dovremo proteggerle», ha ripetuto fino alla nausea Kurz in campagna elettorale Kurz, per erodere voti all'Fpoe di Heinz Christin Strache, l'erede di Joerg Haider.
Dopo aver chiuso la rotta Balcanica nel marzo 2016, il prossimo passo per Kurz dovrebbe essere il blocco della rotta mediterranea, per aiutare i migranti nei Paesi d'origine, anche se dal Mediterraneo non arriva nessun migrante in Austria poiché vengono tutti fermati al Brennero. Assomiglia - dicono i suoi detrattori - a un Orban, il presidente populista ungherese in lotta con Bruxelles, dai modi più moderati, ma la sostanza è il rifiuto delle quote di migranti.
Vienna rischia così di essere un ostacolo ai piani di rilancio dell'integrazione europea prospettati da Macron poiché Kurz si oppone all'istituzione di un ministro delle Finanze dell'eurozona. L'economia invece c'entra poco con l'avanzata dell'estrema destra.
Per i mercati finanziari, il fattore chiave in caso di coalizione tra ÖVP e FPÖ sarebbe probabilmente il fatto che un partito euro-scettico, ossia l'FPÖ, entrerebbe nella stanza dei bottoni. Nel suo programma elettorale, i nazionalisti eredi di Joerg Haider affermano che vogliono invertire la marcia che l'Europa ha adottato in questi ultimi 30 anni da Maastricht in poi.
ANALISI DELLE ELEZIONI PARLAMENTARI DEL 20 e 21 OTTOBRE 2017 NELLA REPUBBLICA CECA
Le elezioni svoltesi in Repubblica Ceca sono particolarmente difficili da leggere dall’estero perché chi sia il populista tra i nuovi diversi partiti non è per nulla ovvio. E nemmeno chi sia chiaramente di destra o di sinistra. L’economia ceca va a gonfie vele. Viaggia sospinta dal vento del suo vicino: l’economia più forte d’Europa, la locomotiva tedesca.
Il settore industriale non è stato smantellato: anzi, ha beneficiato dell’offshoring dalla stessa Germania, grazie all’alta produttività degli operai specializzati cechi e al loro costo contenuto rispetto al vicino occidentale. In Repubblica Ceca si assemblano molte auto di marche europee, anche tedesche e francesi, oltre alla Skoda, nota marca nazionale adesso in mano al gruppo Volkswagen. C’è anche molta industria pesante e qui hanno sede diversi Headquarters per l’Europa Orientale di gruppi internazionali, anche se Praga è più ad ovest di Vienna e le terre ceche fanno parte della Mitteleuropa più che dell’Est. Il lavoro non manca: è il Paese europeo con la disoccupazione più bassa al 3.3%: praticamente c’è piena occupazione. Lo Stato nel 2016 ha avuto un surplus di 61.7 miliardi di corone, circa 2 miliardi di euro, il risultato migliore di sempre. Risultato ottenuto a cambi fissi contro euro. Da allora la Banca Centrale, preoccupata soprattutto dalla salita dei prezzi degli immobili, sta cercando di far salire la valuta per evitare surriscaldamento ed inflazione.
Il ministro delle finanze a fine 2016 era Andrej Babiš, allora al governo con i socialdemocratici e i moderati cristiano democratici. Già questo basta per far capire che chi lo dipinge come un populista stile Trump probabilmente propone un paragone azzardato.
Per i suoi estimatori Andrej Babiš ha già provato di essere un buon ministro e così gli hanno perdonato un arricchimento non sempre trasparente, anzi. E' il secondo uomo più ricco del Paese e si propone di guidare il nuovo Governo con piglio manageriale.
Con il 29,7% dei voti ha sbaragliato gli avversari, ma adesso dovrà cercare una coalizione tra partiti vecchi e nuovi, tutti di destra. Il secondo piazzato è un partito tradizionale di centrodestra, l'ODOS con l'11,3%. Al terzo posto c'è un partito di difficile classificazione: il Partito dei Pirati con il 10,8%. Poi al quarto posto un partito chiaramente xenofobo, guidato da un ceco-giapponese, Tomo Okamura, con il 10,7%.
In fondo alla classifica e fuori gioco i partiti del Governo precedente: socialdemocratici e cristiano popolari.