EUROPA
Alla Sorbona Emmanuel Macron delinea la nuova Europa
26 settembre 2017. Il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto alla Sorbona un importante discorso per il rilancio del processo di integrazione politica dell'Unione Europea, subito definito come " Manifesto della nuova Europa". Non c'è dubbio che le proposte avanzate siano in controtendenza rispetto al quadro complessivo che è di ripiegamento, visti anche i recenti risultati elettorali in Germania che hanno indebolito Angela Merkel. Senza il magnete franco-tedesco molti analisti prevedono grosse difficoltà di realizzazione del Piano di Macron. Contestato dagli studenti all'esterno della Sorbona, in flessione nei consensi interni, il Presidente francese sembra puntare molto sul suo europeismo che trova appoggio, ad esempio, nei federalisti europei. Di seguito il testo integrale del suo discorso.
Elezioni in Austria e nella Repubblica Ceca: ancora più difficile l'integrazione politica dell'Europa
Le recenti elezioni in Austria segnano una significativa svolta politica: come nella vicina Germania siamo alla fine di un governo di grande coalizione, fin qui diretto dal socialdemocratico Christian Kern che, arrivato secondo con il 27%, passerà all'opposizione. Ma a differenza della Germania la svolta a destra in Austria è molto più forte al punto che il partito erede di Haider può alzare la posta per il suo ingresso nel prossimo governo che sarà probabilmente diretto dal giovanissimo Sebastian Kurz, arrivato primo con il suo partito popolare, dopo averlo spostato a destra nell'immagine pubblica e nei programmi e dopo aver messo in crisi l'accordo di governo con i socialdemocratici. Del resto, come Ministro degli Esteri nel recente Governo, il trentenne Kurz si è caratterizzato per aver contribuito alla chiusura della "rotta balcanica" percorsa dagli immigrati in fuga dalla Siria e per aver cavalcato con spregiudicatezza la questione dei controlli al Brennero . Ancora più forte il terremoto politico alle elezioni nella Repubblica Ceca dove il partito socialdemocratico del primo ministro Bohuslav Sobotka è precipitato al quinto posto con un misero 7,6%, il peggior risultato della sua storia. Ha trionfato il miliardario Andrej Babis, già Ministro delle Finanze, dimissionario per accuse di frode e uso illecito di fondi europei, con il suo nuovo partito populista ANO ( Sì, in lingua ceca). Per governare si alleerà con partiti di destra, xenofobi e antieuropei.
Con il Referendum la Catalogna forza sulla strada dell'indipendenza
Marco Pezzoni. Il 1 ottobre 2017 il Governo della Catalogna è riuscito a organizzare il proprio referendum unilaterale per l'indipendenza, inseguito da anni, mai concesso dal Parlamento e dal Governo spagnolo. La maggioranza trasversale indipendentista che governa legittimamente la Catalogna ha concordato e votato con proprie leggi un percorso di "disconnessione" dalla Spagna. Ma questo percorso è legittimo ? Secondo il primo Ministro spagnolo Rajoy e secondo la Corte Costituzionale no. Si apre adesso un braccio di ferro dagli esiti molto incerti. Di seguito una mia intervista pubblicata dal settimanale cremonese " Il Piccolo".
Elezioni in Germania: Merkel vince contro Schulz ma perde 7 milioni di voti
Il voto politico in Germania del 24 settembre per il nuovo Bundestag è un piccolo terremoto e punisce i partiti di Governo: perdono milioni di elettori sia la CDU-CSU della cancelliera Angela Merkel sia la SPD di Martin Schulz. Non sarebbe una grande novità nel quadro degli umori elettorali che agitano le opinioni pubbliche europee se non ci fosse un evidente spostamento a destra dell'insieme dell'elettorato con l'affermazione dell'AfD, Alternative fur Deutschland, un partito di estrema Destra che raggiunge il 12,6%, diventando il terzo partito della Germania. Rispetto alle elezioni di 4 anni fa, passano a rafforzare l' AfD un milione di voti provenienti dal partito della Merkel, circa mezzo milione provenienti da elettori della SPD, oltre 400.000 provenienti dalla Linke, il partito della sinistra. Le conseguenze sono la fine della Grosse Koalition, il passaggio della SPD all'opposizione, la creazione di un Governo sempre a guida Merkel, ma con liberali e verdi che sull'Unione Europea hanno posizioni piuttosto distanti tra loro.
Theresa May anticipa all'8 giugno le elezioni in Gran Bretagna
Con una mossa a sorpresa la premier britannica Theresa May ha anticipato le elezioni per il nuovo Parlamento all'8 giugno di quest'anno e, quel che più importa, ha ottenuto il placet dello stesso Parlamento, compresa l'opposizione laburista. Per questa decisione servivano infatti i 2/3 dei voti dei parlamentari. E così è avvenuto, potendo contare su 330 parlamentari conservatori appartenenti al partito della May e su 229 parlamentari laburisti. Il leader laburista Jeremy Corbin ha accettato la sfida, anche se i sondaggi lo danno perdente con un distacco di 20 punti dal partito conservatore. Più chiare le intenzioni di Theresa May: negoziare da una posizione di forza le condizioni della Brexit con l'Unione Europea e avere tra due anni, a negoziati conclusi, un Parlamento che ne ratifichi gli accordi.
Emmanuel Macron ultima spiaggia per l'Europa?
Dopo aver vinto le primarie in Francia, Emmanuel Macron non è solo il nuovo argine contro il nazionalismo e le posizioni razziste di Marine Le Pen, ma potrebbe rappresentare una prima significativa inversione di rotta rispetto all'antieuropeismo montante in tutto il vecchio continente. L'unico candidato a parlare nei propri comizi con la bandiera dell'Unione europea accanto a quella francese. E quello che più importa, Emmanuel Macron è giovane, non è un europeista della vecchia guardia. Il suo europeismo guarda al futuro, alle sfide globali di un mondo in profonda trasformazione. Certo ha avuto coraggio e fortuna nel candidarsi e affermarsi grazie al vuoto politico lasciato per propri demeriti ed errori sia dal partito socialista del Presidente Hollande sia dal partito gollista di Fillon. Sarebbe sbagliato comunque parlare di ultima spiaggia. Dopo Brexit, meglio parlare di una nuova opportunità che si potrebbe aprire per riprendere la strada dell'integrazione politica dell 'Europa. Una strada difficilissima che negli ultimi anni ha perso enormi consensi nelle opinioni publiche dei 27 Stati della UE. Anche a causa delle politiche economiche neoliberiste e di austerità. Su questo terreno, in caso di vittoria, vedremo come il liberaldemocratico e centrista Macron riuscirà a conciliare mercato e giustizia sociale, superamento delle 35 ore e diritti sociali. Tuttavia questo non giustifica l'astensionismo di parte della sinistra francese. La posta in gioco è troppo alta per la Francia e per l'Europa. Il premier greco Tsipras l'ha ben capito e si è espresso a favore di Macron. Dunque, aspettiamo con ansia il voto delle presidenziali francesi del 7 maggio.
60° dei Trattati di Roma."Europa nostro futuro comune": Documento dei 27 leader europei
25 marzo 2017, Roma. Riuniti in Campidoglio, dove 60 anni fa furono firmati i Trattati di Roma, i leader dei 27 Paesi dell' Unione Europea cercano il rilancio e firmano solennemente un Documento comune. Sono 27 e non più 28 Paesi, visto che la Gran Bretagna sta avviando i negoziati per la sua uscita definitiva dopo Brexit e il via libera del proprio Parlamento. Pieno di buone intenzioni, il Documento " Europa nostro futuro comune" risente delle faticose mediazioni tra Stati sempre più gelosi di mantenere quote alte di sovranità nazionale e Stati più favorevoli a rafforzare l'unione politica dell'Europa su nuove materie, quali Difesa comune e Fisco, attraverso lo strumento delle cooperazioni rafforzate. Certo, possibili passi in avanti, tutti comunque rigorosamente all'interno del metodo intergovernativo. Infatti i Trattati esistenti non si toccano e, quindi, nessuna riforma in vista degli attuali equilibri istituzionali che vedono prevalente il ruolo e il potere del Consiglio Europeo, quello esercitato dai 27 Governi, rispetto a Commissione e Parlamento Europeo. Per ora nessuna "fase costituente all'orizzonte", come pure aveva sollecitato il Presidente Mattarella. Del resto Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, era stato esplicito nei mesi scorsi: "inattuale far rinascere il sogno federalista di Altiero Spinelli. La gente non vuole gli Stati Uniti d'Europa". Soprattutto non lo vogliono molti dei 27 Governi. Al punto che nel Documento attuale nemmeno si parla esplicitamente di "un'Europa a più velocità", ma si parla di " un'azione perseguita congiuntamente, a ritmi e intensità diverse se necessario,....lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente." Tutto è dunque demandato alla volontà politica dei singoli Stati e dei rispettivi Governi. Vedremo se almeno le promesse di superare la dottrina dell'austerità, anche questa dissimulata nel testo, porterà a superare il Fiscal Compact. Vedremo se la nuova parola d'ordine della sicurezza verrà coniugata con una gestione solidale e umana dell'emigrazione o, al contrario, se prenderà forza solo l'industria militare europea. Di seguito il testo integrale della Dichiarazione.
"Cambiamo rotta all'Europa": manifesto dei federalisti per il 60° dei Trattati di Roma
Marzo 2017. In previsione delle manifestazioni e celebrazioni per il 60° anniversario dei Trattati di Roma che istituirono la CEE, Comunità Economica Europea, e l'Euratom, il Movimento Federalista Europeo ha promosso per sabato 25 marzo a Roma una " Marcia per l'Europa"che partirà dalla Bocca della verità e si concluderà nella mattinata al Colosseo presso l'Arco di Costantino. Definito anche un appello dal titolo " cambiamo rotta all'Europa"cui hanno aderito centinaia di associazioni. Di seguito il testo del documento che propone una fase costituente che superi il principio dell'unanimità per far avanzare l'Europa politica.
Il 15 marzo l'Olanda premierà col voto l'antieuropeista e xenofobo Geert Wilders?
Elezioni generali in Olanda il 15 marzo. Il partito di Geert Wilders è sempre al centro dell'attenzione per le sue posizioni antieueropee e islamofobe. Per Wilders l'Isalm non è una religione ma una ideologia da combattere. Primo nei sondaggi fino a ieri, il PVV di Wilders- Partito per la libertà- sarebbe adesso testa a testa con il Partito liberale dell'attuale Primo ministro Mark Rutte. Secondo gli ultimi sondaggi il Pvv di Wilders raddoppierebbe comunque i suoi seggi in Parlamento rispetto alle ultime elezioni. Se ne prendesse davvero 26, arriverebbe quasi alla pari con i conservatori dell’attuale premier Mark Rutte, che potrebbe crollare da 41 a 27, mentre gli alleati laburisti scenderebbero da 38 a 14. Il risultato non sarebbe dettato da ragioni economiche, ma da motivi culturali e identitari. L'ostilità verso l'Islam e gli stranieri saliti al 12,5% e l'insofferenza verso l'austerità imposta dall'UE, Unione bocciata dagli elettori olandesi in due specifici referendum nel 2005 e nel 2016. In ogni caso, siccome nessun partito sembra intenzionato ad allearsi con Wilders, il Pvv potrebbe finire di nuovo all’opposizione.
In febbraio ripresi gli scontri: a che punto è la guerra in Ucraina?
Nel mese di febbraio nell'est dell'Ucraina sono ripresi gli scontri armati con una intensità sconosciuta nell'anno precedente. Iniziata nell'aprile 2014 tra le forze governative filo-occidentali di Kiev e i separatisti filorussi che hanno occupato la regione del Donbass, la guerra ha avuto una diminuzione di intensità se non una tregua a partire dagli Accordi di Minsk del febbraio 2015. Riconfermati successivamente, gli accordi prevedono un riconoscimento di autonomia da parte del Governo ucraino ai territori autoproclamatisi Repubbliche indipendenti e il rispetto degli attuali confini ucraini del Donbass da parte della Russia. Il presidente ucraino Petro Poroshenko, magnate del cioccolato, prima ministro di governi filorussi, poi ministro di governi filo-occidentali, dalla rivolta di Maidan ha optato chiaramente per la Nato e per l'Unione europea, ma ha perso il filo di comprensione con Putin. La Russia, che si dichiara estranea alle scelte dei separatisti del Donbas, in realtà ha puntato a consolidare del tutto l'acquisizione della Crimea e non pare interessata a una rapida soluzione politica del conflitto alimentato dalle Repubbliche separatiste. Anzi, lasciare irrisolto quel conflitto le attribuisce un potere di forte condizionamento dei futuri equilibri interni alla stessa Ucraina.
La Russia al voto per rinnovare il Parlamento
Domenica 18 settembre i cittadini russi sono chiamati a votare per rinnovare la Duma, il loro Parlamento. Anche gli abitanti della Crimea, dopo l'annessione, potranno votare e concorrere alle elezioni della Duma. Mentre i cittadini russi in Ucraina trovano ostacoli burocratici che sconfinano in una sorta di boicottaggio da parte del Governo di Kiev. La carica di Putin non è in gioco in queste elezioni parlamentari, mentre è a rischio quella del primo ministro Medvedev se il partito suo e di Putin non si piazza solidamente al primo posto. Le elezioni parlamentari sono infatti la prova generale delle future elezioni presidenziali e Putin è sempre pronto a far pagare al Governo le difficoltà economiche attuali e il crescente astensionismo.
Vince Brexit, perde l'Europa
di Marco Pezzoni. La ferita di oggi è una ferita profonda, di portata storica.Quasi il 52% degli elettori del Regno Unito ha votato per uscire dall'Unione Europea. La mossa di Cameron di indire questo referendum ha fatto il gioco dei suoi avversari, quelli interni al suo partito e, soprattutto, quelli contrari all'Europa. Il suo azzardo non ha pagato, anzi gli si è rivoltato contro. Per questo Cameron ha già annunciato le sue dimissioni da Primo Ministro entro tre mesi. Sarà un altro a negoziare l'uscita della Gran Bretagna con gli altri 27 Paesi dell'Unione Europea. Le Borse di tutto il mondo hanno tremato sotto i colpi della speculazione, ma questa instabilità è probabilmente l'aspetto meno grave della nuova questione che si apre: il divorzio della Gran Bretagna dall'Europa sarà contagioso per altri Paesi che ne vorranno seguire l'esempio? La credibilità dell'Europa politica ne esce chiaramente indebolita e sarà messa a dura prova nei prossimi 2 anni di negoziato con la Gran Bretagna: sara' un negoziato duro o piuttosto ispirato alla riduzione del danno per entrambi? Infine la domanda più importante: l'Europa è in grado di riprendere più decisamente la propria integrazione politica, rispondendo così ai vari populismi che la corrodono alla base?
La morte di Jo Cox ci salverà dalla Brexit?
Alla vigilia del Referendum sull'uscita o meno della Gran Bretagna dall'Unione Europea, i sondaggi danno una leggera prevalenza ai fautori del "restare" nell'Unione, forse più per calcoli economici che non per motivi ideali. La commozione per la morte di Jo Cox, la giovane parlamentare laburista uccisa da uno squilibrato nazionalista inglese di estrema destra, sembra aver comunque smosso una parte degli indecisi, se non altro ricordando drammaticamente a tutti in che mondo viviamo, pieno di tensioni latenti con le quali è bene non giocare troppo. Eppure questo referendum è frutto anche di una decisione azzardata, rischiata da Cameron per restare alla guida dei conservatori e, contemporaneamente, ridemensionare la forza attrattiva del partito indipendentista di Farage. Ma è un azzardo anche da parte dei fautori della Brexit, come l'ex sindaco di Londra Boris Johnson, che ha mitizzato l'eventuale uscita dall'Unione Europea come l'Indipendence day del Regno Unito. La ritovata sovranità nazionale, secondo lui, darebbe alla Gran Bretagna un nuovo splendore, malgrado tutte le analisi economiche e finanziarie descrivano contraccolpi negativi sul livello di vita degli inglesi, perdita di competitività economica, crisi in alcuni settori di mercato e nella stessa capacità di attrazione di capitali da parte della Borsa di Londra. Molto più seria e sobria e solida ci pare invece la scelta europeista di Jo Cox, cosciente che le sfide globali di oggi richiedano più condivisione e più integrazione politica dell'Europa e non il ritorno a nazionalismi che dividono i popoli, invece di unirli. Per questo vogliamo ricordarla, sperando che il voto del 23 giugno non la tradisca.
Il 23 giugno Referendum in Gran Bretagna sull'adesione all' UE. I federalisti: avanti senza il Regno Unito
Il premier inglese David Cameron ha raggiunto a Bruxelles un accordo con gli altri governi dell'Unione Europea sul riconoscimento di uno " status speciale" alla Gran Bretagna che non solo resterà con la propria moneta e definitivamente fuori dall'euro, ma si sfila dallo spazio Schengen e dagli obblighi di accoglienza e cooperazione alle frontiere, soprattutto si sottrae a ogni prospettiva di integrazione politica dell'Europa. Insomma, se gli Stati Uniti d'Europa un giorno ci saranno, la Gran Bretagna non ne farà parte. Forte di questo accordo David Cameron si aspetta ora di vincere il referendum indetto per il 23 giugno che vedrà gli inglesi decidere se restare nell'Unione Europea con questi legami più deboli e speciali ottenuti dal premier conservatore oppure uscire del tutto, realizzando Brexit, cioè l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa. Nell'articolo che pubblichiamo il Movimento Federalista Europeo analizza la gravità del momento e le prospettive che si aprono al resto dell'Europa: lasciarsi frenare dalle logiche nazionalistiche sempre più diffuse o rilanciare l'unificazione politica dell'Unione Europea, senza più l'alibi dei veti della Gran Bretagna.
In Spagna le elezioni puniscono i partiti tradizionali
di Antonio Baylos, docente Università Castilla-La Mancha. Il Partito Popolare rimane il primo partito, ma ha perso 3,6 milioni di voti e anche sommando i suoi voti con quelli della nuova formazione Ciudadanos non arriva ad avere la maggioranza dei parlamentari. Mentre i partiti della sinistra hanno ottenuto complessivamente circa un milione di voti in più, con la significativa novità di Podemos.
Cipro e la crisi: l' Unione Europea è il capro espiatorio sbagliato
di Alessio Pisanò. Le proteste ieri in Grecia e oggi a Cipro hanno individuato un colpevole: l'U.E. Anche i giornali e le televisioni hanno amplificato la facile sensazione che i sacrifici imposti dalla crisi siano da imputare all'Unione Europea. Così da più parti si invoca il ritorno alla sovranità nazionale. Nulla di più sbagliato ! In questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano, Alessio Pisanò, giovane freelancer a Bruxelles e collaboratore di The New Federalist, mostra la radicale differenza tra Europa intergovernativa ed Europa comunitaria e individua nella persistente e corta visione nazionale degli Stati europei la causa vera dei limiti della nostra politica economica e monetaria.
A Milano il XXVI° Congresso del Movimento Federalista Europeo
di Marco Pezzoni. Dal 22 al 24 marzo 2013 si è tenuto a Milano il 26° Congresso nazionale del M.F.E. a 70 anni dalla sua fondazione, avvenuta in clandestinità ad opera di personalità quali Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi, Ursula Hirschmann, Vittorio Foa, Franco Venturi, Manlio Rossi Doria. Per questo nella mattinata di venerdì 22 marzo a Palazzo Marino si è tenuta la Manifestazione ufficiale in ricordo di quell'avvenimento. Ma oggi cosa rimane di quel progetto e di quella grande speranza ? Nell'Europa dei populismi, dei separatismi, dei nazionalismi rischia di perdere credibilità non solo l'euro come moneta comune ma lo stesso processo di integrazione politica. Il Movimento Federalista Europeo saprà rilanciarlo con efficacia ?
UE. Accordo sui controlli bancari
I Ministri delle Finanze dell’Unione Europea si sono accordati , dopo tre mesi di negoziati e una lunga maratona notturna, per un primo passo verso un sistema bancario unificato della Zona Euro, assegnando la vigilanza bancaria centralizzata alla Banca centrale europea (BCE), che supervisionerà le banche dei 17 paesi dell’Euro con patrimonio superiore a 30 miliardi (o al 20% del PIL di un singolo Paese), e le banche che sono state sostenute con iniezione di capitali dell’Eurozona nell’ultimo periodo.
Cipro, forum europeo dei giovani sullo sport
A CIPRO, L'UISP HA PARTECIPATO AL FORUM EUROPEO DEI GIOVANI SULLO SPORT PER PARLARE DI PARTECIPAZIONE, SALUTE E VOLONTARIATO. Intervista a M. Bellucci
Premio Comites di Hannover 2012
Il Presidente del Comites Giuseppe Scigliano ed il Console Generale Gianpaolo Ceprini consegnano il Premio Comites 2012 a quattro Italiani e a due città della Bassa Sassonia