Ancora Napolitano. E il Governissimo di Letta al posto del cambiamento: necessità o vocazione neo-moderata del PD?
No, ovviamente. A minare la possibilità stessa di un Governo di alternativa hanno concorso da un lato i risultati elettorali, dall'altro l'interpretazione che ne hanno preferito dare Grillo e il Movimento 5Stelle. Tuttavia queste condizioni esterne, sicuramente negative, non possono giustificare gli errori tattici di Bersani, infilati con maestria suicida uno dopo l'altro.
Perchè la delegazione del PD nei suoi incontri con il Presidente Napolitano non ha preteso un “ mandato pieno” per l'incarico da affidare a Bersani? Perchè non ha pensato alla possibilità che l'incarico solo esplorativo fosse affidato ad altra personalità, nel caso Napolitano, alla scadenza del suo settennato, non se la fosse sentita di rischiare un Governo di minoranza che ci riportasse, di fatto, a nuove elezioni? Bruciando così un outsider e non il Segretario del PD? Perchè rinviando alla fine del semestre bianco le decisioni, questa volta in accordo con Napolitano, il gruppo dirigente del PD non ha scelto come priorità l'elezione di un nuovo Presidente della Repubblica in grado per sette anni di garantire Costituzione e vita democratica? Una figura “ costituzionale” fuori, o meglio, al di sopra dei soliti giochi? Come si è arrivati a proporre una figura come Marini, tutta dentro ai vecchi giochi e ai vecchi schemi, senza rendersi conto che concedere a Berlusconi la scelta del petalo nella rosa dei nomi, come minimo, presupponeva una gestione condivisa e preventiva dei passaggi politici nei gruppi parlamentari e non una furbesca consultazione a carciofo, singolo parlamentare per singolo parlamentare? Come si è potuto, con grande leggerezza e senza soluzione di continuità, passare dalla candidatura di Marini a quella di Prodi, che ne mutava profondamente la logica politico-istituzionale? Infine, dopo avventurosi e avventati zig-zag, come si è arrivati a supplicare Napolitano a farsi ricandidare per il Colle, collegando di fatto e indissolubilmente la sua rielezione al Governissimo?
Siamo di fronte ad un grave insuccesso della strategia del PD e non basta darne la colpa alla testardaggine di Bersani e ai ripetuti ed evidenti incidenti di percorso. La domanda rimane : perchè è fallita la proposta del Governo del cambiamento ? Solo perchè non c'erano i numeri né elettorali né parlamentari? Allora perchè Bersani l'ha riproposta e sostenuta anche dopo l'esito elettorale, per almeno altri 40 giorni?
Certo, il tentativo del PD di dialogare con i grillini è stato deludente e umiliante. Grillo e il Movimento 5Stelle portano in questo una responsabilità “storica” : difficilmente nella situazione italiana si potrà riproporre una uguale opportunità di dare peso e non solo voce a due elettorati diversi come sono quelli del centrosinistra e del M5S, tuttavia entrambi affamati di cambiamento. Pensiamo soltanto a come sarebbero potuti mutare gli equilibri di potere cambiando i Vertici dei Ministeri e di Eni, Enel, Finmeccanica e le relative politiche energetiche e industriali. Pensiamo ai beni comuni, alla gestione dell'acqua, alle politiche urbanistiche e al risparmio del suolo. Alla green economy, ai tagli alle spese militari. Alla giustizia e alla legge sul conflitto di interessi. Alla evasione fiscale e alla lotta alle mafie. Alle misure per il lavoro, per la disoccupazione giovanile, per il reddito universale di cittadinanza.
Un governo di larghe intese, qual è quello presieduto da Enrico Letta, per tanto che si impegni, si scontra e si scontrerà con vincoli interni alla propria strana maggioranza, forse “ insormontabili”. E' sicuramente un governo “europeista” e questo orientamento è di fondamentale importanza, ma può essere solo un ponte verso il cambiamento, difficilmente lo potrà rappresentare davvero.
Infatti la sovranità limitata che condiziona il Governo Letta non dipende solo da Berlusconi, che mantiene comunque una pistola sempre minacciosa sul tavolo delle trattative per ogni Legge che si voglia approvare, a partire dal superamento dell'IMU. Dipende da quel sistema di interessi e poteri forti che in Italia e per l'Italia vuole aggiustamenti, non cambiamenti, governabilità e controllo sociale, non trasformazioni profonde della società e del modello economico. Quella elite, tra l'oligarchico e l'illuminato, che con i suoi giornali ha bastonato la politica e la casta, con le sue banche ha servito la finanza e depresso l'economia, ha ridimensionato se non commissariato la politica alimentando l'antipolitica. Quel “campo di gravità centrista e centrale” che ha usato Berlusconi negli anni della rivincita contro il mondo dei lavori, lo ha poi sostituito con Monti e, adesso, di fronte al nuovo tripolarismo elettorale, ha sposato con successo la inevitabilità delle larghe intese. In questo senso Letta rischia di essere la riedizione “politica” del governo Monti.
Stupisce che nell'analisi più recente di molti esponenti del PD la proposta del cambiamento sia stata collegata solo ai numeri disponibili in Parlamento e non alle diverse e opposte soluzioni strategiche del centrosinistra rispetto al centrodestra e agli interessi economici e sociali coinvolti. Probabilmente per meglio adattarsi all'unica strada rimasta in piedi , dopo aver tagliato le gambe ad altre possibilità. Quella di Prodi, candidato alla Presidenza della Repubblica, è sicuramente la più clamorosa.
A mio avviso la gravità della bocciatura di Prodi non è paragonabile a quella di Marini. Uguale sul piano della lealtà/slealtà verso le decisioni di gruppo, ma diversa nel significato e nella portata politica. I cento e uno grandi elettori che hanno bocciato Prodi nel segreto dell'urna hanno fatto emergere tre indirizzi di fondo : la priorità di fare un governo comunque, anche con Berlusconi, piuttosto dell'esigenza di eleggere un nuovo Presidente della Repubblica davvero autorevole e autonomo rispetto ai giochi in corso; la chiara preferenza a orientarsi verso il centrodestra piuttosto che rivolgersi verso l'area così indefinibile dei grillini, ignorando volutamente la candidatura Rodotà, peggiorando il giudizio sul M5S e arrivando a mettere tra parentesi la ben più grave anomalia berlusconiana; l'anima neo-moderata del PD, molto più forte del previsto che, grazie agli errori di Bersani, ha fatto approdare l'intero PD nazionale sulla spiaggia delle larghe intese, dimostrando una notevole capacità trasformistica.
A giustificazione di questo approdo, si possono portare importanti ragioni, non ultima quella di evitare il ritorno alle urne con il “ Porcellum”. Sapendo però che con il Governissimo si è aperta la strada a rischi di non poco conto : l'opportuna riforma della Legge elettorale dovrà essere accompagnata dalla riforma della Costituzione per quanto riguarda riduzione del numero dei parlamentari, una sola Camera, l'eventuale elezione diretta del Presidente della Repubblica.
Siamo pronti a sposare in toto il modello francese, con il rischio tra 18 mesi di vedere Silvio Berlusconi candidarsi all'elezione diretta del Presidente della Repubblica italiana, secondo i dettami della Costituzione riformata?
Ci sono anche i rischi legati alla difficile ripresa economica, posticipata ormai per l'Italia al 2014, così come l'aggravarsi della disoccupazione giovanile. Coraggiosamente il neo Primo Ministro Enrico Letta intende affrontare di petto queste gravi emergenze economiche e sociali, appellandosi ad un nuovo corso europeo : crescita, non solo austerità.
Sul tappeto rimangono le questioni aperte, nuovi rischi, nuove responsabilità. Dubito che le ferite aperte nel PD e nell' intero centrosinistra si possano rimarginare da sole. Al prossimo Congresso i nodi andranno affrontati nella loro radicalità : quando e come tornare alla democrazia dell'alternanza ? Quale Legge elettorale e quali riforme della nostra Costituzione? Cosa sia e come costruire un progetto di cambiamento in grado di sfidare conservatorismi di ogni tipo e come sia compatibile con la rivelazione della natura neo-moderata di parte importante del PD? Quali alleanze e quali interlocutori privilegiare in Italia e in Europa? Come garantire democrazia interna e forza culturale e sociale al PD “partito nuovo”? Quale autonomia e quale ruolo può esercitare il PD rispetto ad un Governo di cui fa parte? Possiamo indicare misure di politica economica e industriale più avanzate rispetto agli stessi equilibri interni al governo? Anche sul terreno del Welfare, della scuola, dell'occupazione giovanile, dell'ambiente? Per non finire a fare da stampella, il PD avrebbe davvero bisogno di una “mobilitazione cognitiva”, come sostiene Barca, e di un nuovo gruppo dirigente, svincolato da padrini,autonomo, aperto, preparato, impegnato.