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Dopo Napolitano, una personalità "costituzionale" per una fase costituente!

di Marco Pezzoni. Il nuovo Presidente della Repubblica, che sarà eletto dal Parlamento italiano e dai grandi elettori indicati dalle Regioni a partire dal 18 aprile, dovrà accompagnare l'Italia fino al 2020, tra incertezze e turbolenze di ogni tipo. Il segretario del PD Bersani deve sciogliere un delicato conflitto di interesse che lo riguarda personalmente: trovare una figura, anche dignitosa sul piano istituzionale, che non dispiaccia a Berlusconi per avere, successivamente, il via libera ad un Governo diretto da lui stesso, oppure puntare su una figura di alto profilo "costituzionale" che possa dispiacere al Cavaliere, anche rischiando di perdere la possibilità di formare un Governo o di non essere più lui a poterlo guidare. Per la crisi che attraversa la democrazia italiana, anche in vista del 25 aprile, sarebbe bello e auspicabile che si affermasse la seconda opzione.
Dopo Napolitano, una personalità "costituzionale" per una fase costituente!

Giorgio Napolitano

Le date e gli avvenimenti hanno una loro portata simbolica ma, ovviamente, non vanno forzati più di tanto con paragoni tra periodi diversi che risultano poco corretti sul piano storiografico e poco corrispondenti sul piano politico. Errore che ha compiuto recentemente e stranamente proprio il presidente Napolitano quando ha richiamato il periodo dell'unità nazionale della seconda metà degli anni 70' lodando la responsabilità del PCI che permise con l'astensione la nascita di Governi a guida DC.      

 A parte il fatto che le emergenze di oggi e quelle di 35 anni fa sono profondamente diverse , ma è il  quadro politico-istituzionale, il  quadro internazionale, gli attori che sono completamente mutati . Il PDL sarebbe come la DC e il PD come il PCI ? Non scherziamo. Nemmeno l'assassinio di Aldo Moro riuscì allora a sbloccare il veto al PCI nel Governo, anzi in qualche modo sancì " l'invalicabilità" della "conventio ad escludendum" riservata in Italia al maggior partito comunista d'Occidente. Invece, da vent'anni, anche noi italiani abbiamo finalmente la democrazia dell'alternanza, come nel resto d'Europa. E responsabilità vorrebbe che venisse rispettata, magari temperata, comunque alimentata come valore e motore principale della nostra democrazia. Responsabilità vorrebbe che si capisse la natura attuale delle maggiori formazioni politiche che hanno sostituito i vecchi partiti della Prima Repubblica.

Sbaglio o il PDL di Berlusconi è mal giudicato e mal sopportato persino dagli altri Partiti Popolari Europei che gli preferiscono Monti e Casini ? In momenti eccezionali la CDU della Merkel si è alleata in coalizione con i rivali della SPD. E' vero.  Ma mentre il PD ha posizioni assolutamente comparabili con la SPD tedesca o con il PS francese, altrettanto non si può dire per il PDL nei confronti dei partiti di centrodestra in Europa.

E ancora: se il PDL ha usato furbescamente la "ciambella di salvataggio" del Governo Monti , per mollarlo quando ha ritenuto preferibile tornare a cavalcare gli umori del proprio elettorato, quanto ci metterà a mettere in difficoltà o a far cadere un eventuale Governo Bersani, se nato con l'apporto decisivo del voto di fiducia dei suoi parlamentari ? 

Ha ragione Bersani  quando chiarisce che un Governo del cambiamento in Italia non potrebbe contare sull'apporto di un partito, il PDL, che persegue obbiettivi opposti. Non solo sui grandi temi della giustizia, della legalità, della autonomia della magistratura, dei diritti civili.  Ma sul tema della corruzione, della fedeltà fiscale, del lavoro nero e della precarietà, della cultura e della scuola, del rispetto dell'ambiente. Sul tema del valore del lavoro, che non va mortificato nei suoi diritti, e sull'importanza dell'autonomia e dell'unità dei sindacati. Sul tema dell'edilizia, del  rifiuto dei condoni, delle politiche urbanistiche. Sul tema della ricerca, delle nuove politiche industriali, dell'energia, a sostegno dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabile in alternativa al nucleare. Sul tema del pluralismo informativo, della pubblicità e della concentrazione delle reti televisive. Sul tema dei servizi pubblici, della mobilità sostenibile, del potenziamento delle ferrovie per viaggiatori e pendolari, della messa in sicurezza del territorio invece dell'"affare"delle grandi opere. Sul tema della sanità e del Welfare per tutti. Sul tema delle vecchie e nuove povertà, degli immigrati e della loro inclusione. Sul tema dell'Europa politica e solidale, dell'euro, della lotta ai paradisi fiscali e al contrasto alla fuga dei capitali. Sul tema delle regole per controllare lo strapotere della speculazione finanziaria. Sul tema della politica estera che non può essere "privatizzata" come ha fatto Berlusconi con Putin e Gheddafi. Sulle nomine ai vertici di Eni, Enel, Snam, Finmeccanica, Trenitalia che da troppi anni perseguono strategie speculative o " estrattive", come dice il Ministro Barca, estrattive di risorse, non strategie finalizzate al bene comune e alla creazione di nuovi posti di lavoro. 

Al momento un Governo di questo tipo non sembra avere i numeri in Parlamento, per la semplice ragione che le elezioni politiche 2013 ci hanno consegnato la sorpresa di un "tripolarismo" irriducibile a un bipolarismo condiviso. Il successo del Movimento5Stelle viene da Grillo investito tutto sul futuro, non sul presente, scommettendo  su una destrutturazione ulteriore del sistema dei partiti. Per lui l'obiettivo principale non è dunque il cambiamento, ma il 51% dell'elettorato per governare da solo. 

La crisi sociale ed economica, aggravandosi, sottoporrà ad ulteriore stress la democrazia dei partiti ma, contemporaneamente, metterà a dura prova la tenuta del Movimento5Stelle rendendo evidente agli indignados della società italiana che " lo pseudo-aventinismo attivo e creativo" proposto da Grillo è un gioco cinico più che rivoluzionario.

Ecco perchè la scelta di Bersani è lucida e lungimirante: se il PD non si rassegna al ricatto dei numeri e usa la bussola della democrazia dell'alternanza per navigare oltre la tempesta, occupando con forza, credibilità, coerenza il polo alternativo al centrodestra berlusconiano, entra inevitabilmente in competizione con il ruolo che vorrebbe gestire in solitaria Grillo. Già adesso.

Un 18 aprile 1948  non è ripetibile oggi, nel senso che nessun attore politico è in grado di dare alla propria vittoria elettorale una stabilità di lungo periodo: non Berlusconi, sia per l'età che per l'inadeguatezza della sua capacità di governo di fronte ai tempi difficili che ci aspettano come Italiani. Non Grillo, perchè la sua narrazione è efficace come critica ma si rivelerà sempre di più come una fuga dalla realtà, ignorando i vincoli della storia e della geopolitica. Il PD è l'unico soggetto che può avere una risposta strategica di lungo periodo grazie al suo posizionamento nazionale ed europeo; però deve saper affermare un suo progetto riformatore autonomo a partire dagli attori sociali vecchi e nuovi; deve saper rifiutare la logica dell'emergenza e delle larghe intese quando queste siano finalizzate a redistribuire i sacrifici tra le fasce deboli della popolazione; deve rinunciare alla tentazione di stare sempre e comunque nelle stanze del potere. 

Del resto il 25 aprile ci ha regalato la libertà di una democrazia costituzionale, la libertà di stare in un Europa civile e in pace dove i nuovi nazionalismi e i nuovi populismi possono essere combattuti attraverso lo scontro di idee e la crescita di partiti e movimenti capaci di prospettare orizzonti più avanzati di giustizia sociale e di traguardi civili.

Il PD, come partito nuovo, apre un futuro per sè e per l'Italia se non si piega ad un realismo minimalista che lo vorrebbe coinvolto nelle larghe intese. Punti invece ad eleggere una figura alta e nobile della società italiana a prossimo Presidente della Repubblica. E' questa la priorità assoluta, proprio perchè la democrazia italiana è malata.

Non giochiamo con figurine scolorite come sono D'Alema, Finocchiaro, Violante, Marini. Valutiamo bene le candidature dei centristi che, con le ultime mosse di Monti, sembrano riproporsi con una sorta di "scambio" più decente rispetto a quello avanzato da Berlusconi. L' elezione di un Monti o di un Andrea Riccardi o della Cancellieri non garantirebbero comunque a Bersani quel " mandato pieno", che Napolitano gli aveva precedentemente negato, a presentarsi alle Camere per tentare di ottenere la fiducia.                     

Così facendo, però, Napolitano ha anche preso tempo, preservando Bersani  da una bocciatura che 20 giorni fa sembrava certa. Dunque sarà il suo successore a decidere chi incaricare e per quale tipologia di governo.  Ma la funzione principale del nuovo Presidente della Repubblica non sarà solo quella di "inventare" un Governo per l'emergenza sociale ed economica, certo grave, ma anche quella di garantire e rianimare la democrazia italiana che vive una crisi ancora più grave . Un presidente "costituzionale" che faccia da contrappeso intelligente ed autorevole ad una democrazia che per rigenerarsi, prima o poi, dovrà assumere una dimensione "costituente".

A questo obiettivo  si potrebbe sacrificare anche la possibilità di fare un Governo targato PD. Si potrebbe  correre il rischio di nuove elezioni e, persino, di perderle. In questa nuova fase, l'elettorato italiano deve cominciare a  riassumersi la responsabilità dello scettro, di decidere a chi affidare il Governo del Paese. Perchè, comunque,  senza responsabilizzare i cittadini elettori, nemmeno la buona politica sarà  in grado di incidere e andare lontano.  

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