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Giuseppe Dossetti: l'uomo delle due Costituzioni

di Franco Verdi. Nel centenario della nascita, numerose e significative sono state le iniziative nazionali in ricordo di Giuseppe Dossetti, uno dei padri della Costituzione italiana e poi, come perito conciliare, uno dei protagonisti con il cardinale Lercaro delle pagine più coraggiose della Costituzione Lumen Gentium. In questo articolo si analizza l'originalità del pensiero politico di Dossetti, il suo contributo al cattolicesimo democratico italiano, la sua capacità di interpretare e testimoniare un cristianesimo radicale a partire dalle novità del Concilio Vaticano II.
Giuseppe Dossetti: l'uomo delle due Costituzioni

Giuseppe Dossetti

Rileggere Dossetti

Personaggio atipico, impossibile da classificare, figura profetica del Novecento italiano. Ne ha attraversato la dinamica politica e culturale con assoluta originalità di apporti. Non si può dire sia stato un profeta disarmato, sapeva ben fare politica, con grande capacità di mobilitazione anche se la sua era un'anima in dimensione mistica, tesa alla ricerca di Dio.

Segno di contraddizione, fu spesso oggetto di polemiche e di ostilità diffuse: "comunistello di sacrestia", "Savonarola redivivo". "La sua vita è stata tutta un raccogliere germi di futuro, del tutto diverso dal suo passato" (C.Tintori)

Ancora oggi l'ombra polemica del dossettismo, quasi archetipo delle posizioni politiche più pericolose ( anticapitalismo, antiamericanismo, cattocomunismo ) popola gli incubi dei cattolici moderati, e non solo, incapaci di capire l'originalità della sua proposta.

E' perciò necessario ricollocare Dossetti e il dossettismo nel tempo, per cogliere i caratteri specifici del loro percorso e i nessi con le più ampie vicende storiche del nostro Paese e della Chiesa italiana.

Un cristiano esigente e radicale

Giuseppe Dossetti ha vissuto l'orizzonte esistenziale con un'esperienza personale e vocazionale complessa, ma unitaria e coerente . La sua fu una forma di radicalismo cristiano con origini tradizionali ma con conseguenze innovative e talvolta rivoluzionarie, del tutto riconducibili e interne all'orizzonte del cattolicesimo italiano degli anni '20 e '30, anche se non mancano segni innovativi : orientamento cristocentrico, sensibilità biblica e liturgica, aperture di carità e istanze sociali intensamente vissute Orientamento definito e via via maturato fino ad approdare alla scelta sacerdotale e monacale, vissuto in una famiglia di credenti ( oltre la separazione tra clero e laici ) affinato con l'immersione nella Bibbia come Parola di Dio, letta nella completezza dei Due Testamenti, accostata con una lectio orante, con aperture alla spiritualità orientale, nella ricerca della Tradizione Cristiana più originale e completa.

Naturalmente da questa radice cristiana esigente, ma volutamente normale e ortodossa, sono scaturite convinzioni e interpretazioni del mondo e della vita della Chiesa, tutt'altro che prive di problematicità . Si può citare la precoce consapevolezza dell'esaurimento definitivo del regime di cristianità, il primato assoluto dell'Uomo interiore, la presa di distanza da una prassi pastorale – anni '40 e'50 - troppo imperniata sull'attivismo e sull'organizzazione ecclesiale a scapito dei disegni imperscrutabili della Grazia.

In questa direzione, naturale è il suo approdo a condividere e sostenere la straordinaria iniziative di rinnovamento ecclesiale che prese corpo nel Concilio Vaticano II e che lo vide protagonista e sostenitore in passaggi chiave come la Riforma Liturgica, la concezione della Chiesa come Popolo di Dio e come Chiesa povera e dei poveri. .

Politico del rinnovamento mancato : Partito, Governo, Stato

Storicizzando il suo percorso alla luce delle sorgive convinzioni cristiane, occorre chiarire che il suo breve impegno politico – dalla Resistenza alla costruzione della democrazia – non era estraneo a questo radicalismo. Nonostante tarde dichiarazioni circa il carattere contingente di quelle vicende, l'investimento individuale e di gruppo fu fortissimo, fino al progressivo emergere della convinzione, definitasi nel 1951, che non vi fosse più spazio reale per la sua proposta.

Quell'esperienza politica nella D.C. ci obbliga a sottolineare la radicale estraneità di Dossetti a logiche di cristianizzazione della società, come troppe volte si è equivocato.

Per lui la politica era sì la risposta a cogliere tutte le conseguenze dell'Azione di Dio nella Storia a servizio del Bene Comune, della Persona Umana in senso completo, ma senza ideologismi e riduzionismi confessionali. Il suo scontro con De Gasperi non fu lo scontro tra rigore clericale e laicità liberale, ma piuttosto una divergenza tutta politica sulle diverse idee di partito, sul rapporto Partito e Governo, sulle sfide presenti nella società italiana del dopoguerra.

Anche la sua ultima partecipazione all'attività politica – la candidatura a sindaco di Bologna nel 1956 accettata per obbedienza al cardinal Lercaro – si può interpretare come la dimostrazione dell'impraticabilità definitiva di ogni schema di ricristianizzazione della società per via politica. Il punto di partenza di quella parabola straordinaria stava nella percezione che la tragedia della guerra aveva segnato un passaggio storico mondiale, di rottura netta col passato, in cui si doveva costruire la risposta alla crisi dell'occidente capitalistico degli anni '30.

Di fronte a questo contesto di cambiamento epocale, occorreva progettare un nuovo statuto della convivenza politica, una nuova funzione dello Stato, democratizzato alla radice dalla centralità dei grandi partiti popolari. Snodo decisivo doveva essere la creazione nella Democrazia Cristiana di un partito a larga base popolare, capace di selezionare la nuova classe dirigente e di portare avanti una sintesi ideologica e programmatica del tutto innovativa. Questo partito avrebbe dovuto guidare l'azione di governo e non viceversa. Approcci moderni per l'epoca ma che si scontravano con la diversa visione degasperiana e, forse, sopravvalutavano le potenzialità di quell'instabile coacervo che già allora era la DC. Gli anni della vicesegreteria del partito – 1950-51 - espressero questa tensione ad un nuovo inizio insieme organizzativo e politico.

La Costituente e la Costituzione Progetto

Tale disegno trovò nella forte leadership dossettiana alla Costituente il suo primo passaggio critico: la Costituzione vide il successo delle sue idee, soprattutto nel nucleo forte degli articoli 2 e 3 che esprimono un'idea pluralistica della società, totalmente rispettosa dei diritti fondamentali della persona, singola o associata, un'impostazione lontana da qualsivoglia Stato Etico. Al contempo questi diritti si collegano ad un corrispettivo di solidarietà, il cui obiettivo diventa un'uguaglianza sostanziale e non solo formale dei cittadini persone.

Se le istituzioni repubblicane hanno il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, ecco definirsi un moderno Stato democratico sociale che recupera il meglio del costituzionalismo occidentale, andando oltre i suoi limiti storici. Questo è tra l'altro il nucleo sostanziale che Dossetti intendeva difendere con il suo " ritorno in campo" del 1994. Nella visione dossettiana, la Costituzione aveva anche qualcosa in più: non solo garanzia dei limiti del potere tra i contraenti, ma anche un'ampia sintesi capace di continui sviluppi nel futuro.

Dopo la Costituente, con l'incontro robusto tra le componenti decisive della democrazia italiana, sarebbe stato naturale aprire una stagione di forte impegno politico trasformatore. Costruire uno Stato moderno, riformatore della dinamica del mercato, significava ricuperare i tempi perduti rispetto al passato : quello postunitario, angustamente liberale, e quello dittatoriale ambiguamente modernizzante.

Fu proprio questo il tentativo del Dossetti politico del 1948-51 che si concluse con una sostanziale sconfitta storica, a fronte del ruolo di stabilizzazione che aveva assunto la DC nella società e nel contesto internazionale, in forza dell'abile politica moderata e pragmatica di De Gasperi.

In un ultimo discorso ai giuristi cattolici del novembre 1951, Dossetti confermò la sua visione di nuova statualità che rivendicava allo Stato non solo la funzione di mediazione statica tra le forze esistenti, ma di sintesi dinamica e socialmente propulsiva.

Politica interna e politica internazionale. Il circolo virtuoso del cambiamento

L'impegno di rinnovamento nella politica interna si collegò a posizioni innovative sullo scenario internazionale. Il problema era "come" stare nel nascente sottosistema geopolitico internazionale "occidentale". Dossetti e il suo gruppo privilegiarono sempre le dimensioni politiche su quelle militari di questo processo, con un primato all'orizzonte europeo rispetto a quello genericamente atlantico . Non si trattava né di abbassare la guardia nei confronti del mondo sovietico né di scegliere la neutralità: l'obiettivo restava quello di perseguire un orizzonte di politica estera attiva e concreta tale da aiutare il disegno di rinnovamento politico del Paese e dell'Europa intera.

Politica estera europeista e non troppo subalterna e politica economica dinamica erano gli snodi dello stesso compito. Per questo criticò inizialmente i modi con cui il Governo centrista decise di portare l'Italia nel Patto Atlantico, che gli sembravano frutto di una impostazione troppo vecchia e di schieramento. Elaborò allora un primo ragionamento sulla questione della Pace a livello globale che poi riemergerà nel Dossetti perito del Concilio. Tale disegno aveva però bisogno di condizioni interne e internazionali che non si realizzarono perché, da una parte, si consolidò l'adattamento del centrismo all'irrigidimento dei blocchi, dall'altra, il clima ecclesiale divenne sempre più difficile, influenzato dal rafforzarsi dei processi di scontro ideologico.

Proprio questo fallimento – il problema vocazionale emergerà più tardi - motiverà la fine della sua esperienza politica e la sua scelta di cercare su altri piani le premesse rivelatesi mancanti al suo progetto. Coltivando sempre un'attenzione alla storia e alla politica tutt'altro che marginale, ma non esprimendosi più politicamente se non nell'ultimissima stagione, come un monaco che tornasse dal deserto nei momenti di gravissima emergenza civile.

Il ripensamento successivo e la lezione per l'oggi

Il problema del ripensamento successivo di Dossetti sulla sua stagione politica, in alcune grandi occasioni pubbliche o riservate, tra il 1986 e la morte avvenuta 10 anni dopo, acquista nuovo spessore se si coglie la storicizzazione che lui stesso compie. Quando sottolinea la radicale irripetibilità di quella lontana esperienza politica, ma anche qualcosa di più rilevante: riflettendo lungamente sulla coscienza biblica delle ambiguità del potere terreno e del potere politico in particolare, emerge la coscienza drammatica della parzialità di ogni esperienza di questo mondo. Nella presa di distanza, netta e consapevole, della comunità cristiana e dei credenti da ogni forma di equivoco politico-religioso sta anche la radice della possibile fondazione teorica di un nuovo impegno laicale dei credenti nella storia. Per questo, più che una definita ideologia o un battagliero appello ai valori, di marca semplicemente identitaria, occorrono abiti virtuosi e sapienza storica.

Quale lezione per l'oggi esce da questo percorso ?

Il primo punto non può che partire da una verifica rigorosa della concezione e della pratica della fede cristiana. Da questa rivisitazione scaturisce anche una nuova istanza di possibile impegno civile e politico del credente.

Appare valido e attuale il metodo: abiti virtuosi personali, sorvegliata mediazione, attenzione alle svolte storiche, capacità di progettazione. Coscienza dei nessi tra politica interna e politica internazionale, centralità di forme espressive di una politica democratica "orizzontale" partecipata. Altrettanto valido il nucleo essenziale di un'intenzione politico programmatica derivante da una sintesi costituzionale ancora viva e attiva. Se si prende sul serio la prima parte della Costituzione non si ha solo un orizzonte scontato della convivenza civile, ma uno stimolo a elaborazioni di continuo rinnovamento, in adesione all'inquietudine che scaturisce da quel disegno alto di rapporto tra libertà e giustizia, tra uguaglianza dei cittadini e responsabilità dello Stato.

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