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Morto Rafsanjani. La politica dell'Iran sarà meno pragmatica?

L'8 gennaio 2017 l'ex Presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani è morto per un attacco di cuore. Ad 82 anni, il suo peso dietro le quinte degli equilibri politici e nel vertice della teocrazia iraniana sembra essere stato ancora rilevante, per il rispetto che mostrava nei confronti del ruolo e dell' ortodossia della Guida suprema Ali Khamenei e, contemporaneamente, per il suo pragmatismo che ha permesso l'esperienza di Khatami e, oggi, quella di Rohani alla guida del Governo, senza traumi eccessivi. Ma adesso, a cinque mesi dalle prossime elezioni presidenziali, sotto l'offensiva anti-iraniana del presidente Donald Trump che pare intenzionato a ridiscutere l'accordo sul nucleare tra Usa e Iran, l'incertezza sugli sviluppi futuri della situazione interna torna a prevalere.
Morto Rafsanjani. La politica dell'Iran sarà meno pragmatica?

l'attuale presidente Rohani accanto a Rafsanjani

La morte dell’ex presidente iraniano Ali Akbar Hashemi Rafsanjani avviene in una delle più delicate fasi della vita politica persiana, a meno di cinque mesi dalle elezioni presidenziali e nel pieno di uno scontro politico dove l’ex capo di Stato ha giocato sino all’ultimo giorno un ruolo di fondamentale importanza.
Lo “squalo”, come era ironicamente chiamato Rafsanjani a causa della sua barba rada, è stato senza dubbio il personaggio politico al tempo stesso più amato, odiato e temuto della quasi quarantennale storia della Repubblica Islamica.
Per molti suoi concittadini ha incarnato nel corso del tempo il prototipo dell’accentratore di potere e del corruttore, del nepotista e dell’astuto amministratore. Ma è anche universalmente riconosciuto come il capostipite di quella politica pragmatica che ha permesso di terminare la guerra con l’Iraq, di rilanciare l’economia aprendola ai mercati internazionali, di cercare una formula di dialogo con gli Stati Uniti (riuscita solo in parte) e soprattutto di favorire la nascita e il consolidamento del riformismo di Khatami e del post-pragmatismo di Rohani.
Rafsanjani fu nemico giurato di Ahmadinejad e dell’ala ultraconservatrice che emerse nel 2005 cercando di consolidare la seconda generazione dei rivoluzionari al potere in Iran; non esitò a manifestare il disaccordo con la Guida in più occasioni, senza tuttavia entrare in contrasto con lui e soprattutto senza mai metterne in dubbio il ruolo.
Di Ali Khamenei era forse l’amico e il confidente più sincero, tra i pochi rimasti di quella prima generazione del potere assottigliatasi sempre più nel corso degli anni. Anche se anziano, era sempre determinato ed esplicito nelle scelte politiche: aveva strenuamente difeso il presidente Rohani dagli attacchi delle componenti ultraconservatrici, di cui era egli stesso spesso bersaglio.
La morte di Rafsanjani, nonostante i tanti diversi sentimenti degli iraniani nei suoi confronti, permette all’esecutivo di ricompattarsi nella memoria di quello che innegabilmente è stato un pilastro della storia contemporanea del paese.
La sua assenza sarà ben presto percepita e rischia di indebolire Rohani a pochi mesi da quelle che potrebbero diventare le elezioni presidenziali più imprevedibili della storia della Repubblica Islamica.

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