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In Afghanistan i talebani controllano 1/3 del territorio

Nuova offensiva dei talebani in Afghanistan. Dall'inizio del 2017 sono all'attacco su diversi fronti. Quando non riescono a controllare il territorio, organizzano attentati terroristici nelle città più importanti controllate dai governativi come Kabul, Kandahar, Lashkargah. Il Governo di Ashraf Gahni non ha ancora la forza militare per riconquistare i territori perduti dopo che la Nato il 1 gennaio 2015 ha dichiarato chiusa la sua missione, lasciando solo 11.000 uomini. Ma nemmeno può accettare le condizioni per il cessate il fuoco poste dai rappresentanti dei talebani: imposizione in tutto l'Afghanistan della sharia più inflessibile e governo di transizione a guida talebana. Gli Stati Uniti, consapevoli delle enormi difficoltà ancora presenti, sembrano orientati a defilarsi, a rimuovere dal proprio orizzonte l'insuccesso di una guerra avviata nel 2001 sotto la loro guida.
In Afghanistan i talebani controllano 1/3 del territorio

L'offensiva dei talebani secondo la rivista Limes

LA FORZA DEI TALEBANI - E' una forza militare consistente, 30.000 armati, ma non solo. E' soprattutto una forza tribale, sociale e religiosa più diffusa di quanto si creda nell'etnia maggioritaria dei pashtun. Una volta messo in moto un conflitto di carattere etnico-ideologico-religioso con la complicità e i soldi di al-Qaeda di Bin Laden, centinaia di migliaia di giovani si sono mossi dentro e fuori le terre afghane passando dal ruolo di profughi a quello di guerriglieri. Per qualche tempo hanno assaporato il potere al governo di Kabul. Poi, dopo le Torri Gemelle,  la coalizione militare  internazionale li ha spodestati e cacciati, ma non vinti. Da due anni, con il ritiro del grosso delle truppe Nato, si sono riorganizzati e hanno rialzato testa e ambizioni. Nelle trattative riservate del gennaio 2016 a Doha il rappresentante dei talebani ha posto al Governo afghano condizioni durissime per il cessate il fuoco. I media occidentali da tempo non seguono più la situazione in Afghanistan, così accreditando l'impressione che quel Paese si avvii faticosamente, anche se lentamente, sulla strada del ritorno ad una arretratezza normalizzata. L'esatto contrario di quello che sta accadendo.

CHI E' AL COMANDO DEI TALEBANI ? - Dopo la morte del mullah Omar, tenuta probabilmente nascosta per due anni, la successione alla guida dei talebani pare sia stata problematica e controversa. Questo però non li ha indeboliti più di tanto, rendendo evidente che per sconfiggerli non basta tagliare la testa al Capo. Suo successore è stato il mullah Mansour, sostenuto dai 200 capi talebani di Quetta. Mansour ha rafforzato immediatamente il suo ruolo nominando capo del braccio armato dei talebani Haqqani, in stretti e ottimi rapporti con parte dei Servizi segreti del vicino e influente Pakistan. Non solo: per battere l'influenza dello Stato Islamico di al-Baghdadi, ha deciso di radicalizzare ulterirmente le proprie posizioni e rivendicazioni. Così come i rapporti dei talebani con al-Qaeda non si sono mai interrotti se è vero che al-Zawahiri, l'egiziano successore di Bin Laden alla guida internazionale di al-Qaeda, ha prima nominato Emiro il mullah Omar e tuttora è ritenuto una specie di autorità superiore. Il 21 maggio 2016 Mansour è stato ucciso da un drone e sostituito dal mullah Akhundzada. A lui si deve l'offensiva attuale.

LA SPECIFICITÀ AFGHANA – L’Afghanistan è Paese le cui peculiarità politiche, etniche e religiose affondano le proprie radici nella geografia. In virtù della sua posizione, l’Afghanistan è sempre stato al centro delle rotte lungo cui i mercanti trasferivano merci e idee tra Europa, Medio Oriente e Asia. Ciò ha inevitabilmente esposto il Paese a continui influssi culturali, linguistici e religiosi, che hanno favorito l’emergere di una realtà variopinta, caratterizzata dalla coesistenza – spesso difficile – di identità diverse.
Sul piano etnico-tribale, in particolare, la frammentazione ha assunto i tratti più profondi: alla maggioranza etnica Pashtun si aggiungono Tajiki, Hazara, Uzbechi, Aimak, Turkmeni e Baluchi, e il fatto che ogni zona del Paese sia caratterizzata dalla prevalenza di uno specifico gruppo tribale dà alla cartina etnica dell’Afghanistan confini particolarmente netti.
L’impatto che la dimensione geografica ha avuto – e ha – sul Paese, però, interessa in modo cruciale anche la realtà politica. L’Afghanistan, infatti, ha un territorio prevalentemente montagnoso, e questa particolare topografia ha storicamente reso difficile ricondurre sotto il controllo del potere centrale quelle aree che la geografica rende distanti da Kabul. In termini di governo, pertanto, il Paese è caratterizzato da un importante divario tra centro e periferia e da una profonda frammentazione. Questa realtà frammentaria, tale per cui ogni zona tende ad essere di fatto sotto il controllo di gruppi e milizie locali, rimane una delle principali sfide per lo Stato afghano (e le forze alleate), che fatica a stabilire una presenza indiscussa e un controllo efficace su tutto il Paese.

I numeri delle principali forze militari presenti nel complesso e frammentato scenario afghano:

  • Afghan Armed Forces (Afghan National Army e Afghan Air Force): 195.000 uomini

  • Combattenti Talebani: 30.000

  • Forze NATO: 11.385 uomini

  • Stati Uniti: 9.800 uomini

Dati: Dipartimento della Difesa USA, dicembre 2015

I LIMITI DELLE FORZE AFGHANE - Il 2015 è stato anno di cambiamenti per l’Afghanistan: la missione ISAF, con cui la NATO era intervenuta nel Paese alla fine del 2001, è giunta al termine e la nuova Resolute Support Mission ha portato con sé una riduzione delle forze NATO presenti. La responsabilità di difendere l’Afghanistan dall’insorgenza talebana è così passata in larga parte alle forze militari afghane, che hanno però rivelato una limitata capacità di agire in modo autonomo ed efficace.
Da un lato, operano sfide esterne quali le difficoltà tattiche insite nel dispiegamento delle forze su un territorio le cui caratteristiche geografiche – come visto sopra – rendono spesso difficile il collegamento (e quindi lo spostamento di truppe e le comunicazioni militari) tra le diverse zone del Paese. Dall’altro lato, operano problematiche interne, quali il reclutamento in declino e il problema, invece crescente, dei “ghost soldiers” (soldati che rientrano nei registri paga ma che di fatto non sono attivi sul campo). In aggiunta, il ritiro di consiglieri e addestratori militari americani ha acuito i problemi di leadership all’interno dell’Esercito, nel quale la maggior parte delle nomine ai ranghi più alti è ancora influenzata da calcoli politici e affiliazioni etnico-tribali.

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Editoriale

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di Paolo Bodini. Mentre le varie forze politiche si sentono già in campagna elettorale ed entro il mese di dicembre stringono i tempi per gli apparentamenti ( più che per vere e proprie coalizioni); mentre la temperatura sale e le polemiche si fanno più aggressive su tutti i media, il cittadino elettore è indotto a pensare che nel tripolarismo italiano i tre poli - Forza Italia con Salvini e Meloni, PD di Renzi con i suoi nuovi "cespugli", Movimento 5 Stelle - siano davvero alternativi tra di loro. Purtroppo non è così. Ad affossare la logica dell'alternanza viene in aiuto la nuova Legge elettorale, il Rosatellum, fatto passare in Parlamento a colpi di fiducia. Il Rosatellum è predisposto in modo da favorire, se non rendere inevitabile, l'accordo di Governo tra Renzi e Berlusconi. Ecco perchè. continua>>
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