Il Venezuela affronta una doppia crisi: del chavismo e quella economica
La convivenza tra il presidente Maduro e la coalizione delle opposizioni continua ad essere difficile e altamente conflittuale. Le opposizioni, che hanno stravinto le elezioni del 6 dicembre 2015 e hanno assunto la maggioranza dell’Assemblea nazionale del Venezuela, pretendono che Maduro ridimensioni i suoi poteri presidenziali e rispetti la funzione legislativa del Parlamento. Ci sono settori della coalizione vincitrice delle elezioni che punta alle sue dimissioni in primavera. Maduro al contrario pensa alla rivincita, denuncia ai suoi sostenitori il complotto che sarebbe in atto per aggravare la crisi economica del Paese e affamare i più poveri.
In realtà il Venezuale è di fronte a due crisi che si sommano e si intrecciano: la crisi del progetto politico e del blocco sociale che doveva sostenerlo costruito da Chavez e la crisi del modello economico fondato quasi esclusivamente sull'esportazione del petrolio e sulla distribuzione di aiuti e assistenza alle fasce più povere della popolazione.
La situazione è drammatica: lunghe file ai negozi, mancanza di una serie di prodotti che si fatica ad acquistare all'estero per scarsità di denaro, razionamento dei generi alimentari di prima necessità, interventi e scontri tra manifestanti e polizia.
Il basso prezzo del petrolio ha fatto affluire nelle casse dello Stato meno della metà degli introiti che servirebbero. L'inflazione è superiore al 100% nel solo 2015 e continua a galoppare. Il Governo Maduro sta correndo ai ripari ma potrebbe essere troppo tardi: ha aumentato il prezzo della benzina di 60 volte. Ha svalutato la propria moneta. Ha stretto un accordo a Doha con alcuni Paesi OPEC produttori di petrolio per calmierare la quantità di petrolio da immettere sul mercato mondiale, così da far rialzare il prezzo. Ma alcuni Paesi come l'Iran non accettano l'idea della contrazione dei quantitativi da vendere proprio adesso che gli è stato tolto l'embargo.
Maduro non è Chavez e non ha il suo carisma. Ma per salvare il Venezuela di oggi nemmeno Chavez basterebbe. La sfortuna del Paese è che le alternative, oggi in maggioranza in Parlamento, nei duri anni di contrapposizione a Chavez si sono radicalizzate in senso conservatore e liberista.
Nè quella chavista nè quella liberista sono ricette adatte a risolvere i problemi del Venezuela nell'attuale fase interna e internazionale.
Alle elezioni politiche dello scorso dicembre la Mesa de la unidad democrática (Mud) – coalizione dei partiti che si oppongono al governo chavista – ha ottenuto una maggioranza di due terzi anche grazie al malcontento causato dalla recessione economica, dall’aumento vertiginoso dei prezzi e da una cronica carenza di merci che richiama alla mente le economie del blocco sovietico.
Maduro, espressione del Partito socialista fondato dal defunto presidente Hugo Chávez, ha liquidato la nuova assemblea definendola “di destra” e zeppa di “cariatidi”, e ha subito effettuato un rimpasto di governo.
Ramos Allup, eletto presidente dell' Assemblea nazionale, ha ostentato il ritrovato controllo parlamentare da parte della Mud utilizzando a suo modo tempi e modalità previsti dai regolamenti per contenere le iniziative e la voce dei deputati socialisti, relegandoli così ad un ruolo di testimonianza marginale.