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Il Venezuela affronta una doppia crisi: del chavismo e quella economica

di Marco Pezzoni. Addio al modello politico, economico e sociale di Chavez, per 14 anni alla guida del Venezuela. E' la grave crisi economica attuale la principale causa che ne sta decretando la fine. Anche se Maduro, il suo successore, eletto nel 2013 Presidente del Venezuela, non ne ha nè il carisma nè l'audacia. E' sempre la crisi, che ha visto crollare il prezzo del petrolio, diminuire le entrate dello Stato, schizzare in alto l'inflazione, aumentare il malcontento per la scarsità dei prodotti nei negozi e per la corruzione, la causa del successo delle opposizioni di centro destra e liberiste alle elezioni del Parlamento lo scorso 6 dicembre. Così adesso il Venezuela vede contrapposti Parlamento e Governo.
Il Venezuela affronta una doppia crisi: del chavismo e quella economica

file ai negozi e cibo razionato

La convivenza tra il presidente Maduro e la coalizione delle opposizioni continua ad essere difficile e altamente conflittuale. Le opposizioni, che hanno stravinto le elezioni del 6 dicembre 2015 e hanno assunto la maggioranza dell’Assemblea nazionale del Venezuela, pretendono che Maduro ridimensioni i suoi poteri presidenziali e rispetti la funzione legislativa del Parlamento. Ci sono settori della coalizione vincitrice delle elezioni che punta alle sue dimissioni in primavera. Maduro al contrario pensa alla rivincita, denuncia ai suoi sostenitori il complotto che sarebbe in atto per aggravare la crisi economica del Paese e affamare i più poveri.

In realtà il Venezuale è di fronte a due crisi che si sommano e si intrecciano: la crisi del progetto politico e del blocco sociale che doveva sostenerlo costruito da Chavez e la crisi del modello economico fondato quasi esclusivamente sull'esportazione del petrolio e sulla distribuzione di aiuti e assistenza alle fasce più povere della popolazione.

La situazione è drammatica: lunghe file ai negozi, mancanza di una serie di prodotti che si fatica ad acquistare all'estero per scarsità di denaro, razionamento dei generi alimentari di prima necessità, interventi e scontri tra manifestanti e polizia.

Il basso prezzo del petrolio ha fatto affluire nelle casse dello Stato meno della metà degli introiti che servirebbero. L'inflazione è superiore al 100% nel solo 2015 e continua a galoppare. Il Governo Maduro sta correndo ai ripari ma potrebbe essere troppo tardi: ha aumentato il prezzo della benzina di 60 volte. Ha svalutato la propria moneta. Ha stretto un accordo a Doha con alcuni Paesi OPEC produttori di petrolio per calmierare la quantità di petrolio da immettere sul mercato mondiale, così da far rialzare il prezzo. Ma alcuni Paesi come l'Iran non accettano l'idea della contrazione dei quantitativi da vendere proprio adesso che gli è stato tolto l'embargo.

Maduro non è Chavez e non ha il suo carisma. Ma per salvare il Venezuela di oggi nemmeno Chavez basterebbe. La sfortuna del Paese è che le alternative, oggi in maggioranza in Parlamento, nei duri anni di contrapposizione a Chavez si sono radicalizzate in senso conservatore e liberista.

Nè quella chavista nè quella liberista sono ricette adatte a risolvere i problemi del Venezuela nell'attuale fase interna e internazionale.

Alle elezioni politiche dello scorso dicembre la Mesa de la unidad democrática (Mud) – coalizione dei partiti che si oppongono al governo chavista – ha ottenuto una maggioranza di due terzi anche grazie al malcontento causato dalla recessione economica, dall’aumento vertiginoso dei prezzi e da una cronica carenza di merci che richiama alla mente le economie del blocco sovietico.

Maduro, espressione del Partito socialista fondato dal defunto presidente Hugo Chávez, ha liquidato la nuova assemblea definendola “di destra” e zeppa di “cariatidi”, e ha subito effettuato un rimpasto di governo.

Ma la nuova maggioranza in Parlamento ha fatto subito capire che i tempi sono cambiati, che l'Assemblea nazionale non è più il megafono del Governo, che recupererà la propria autonomia legislativa, che se occorre metterà sotto accusa i Ministri corrotti.

Ramos Allup, eletto presidente dell' Assemblea nazionale, ha ostentato il ritrovato controllo parlamentare da parte della Mud utilizzando a suo modo tempi e modalità previsti dai regolamenti per contenere le iniziative e la voce dei deputati socialisti, relegandoli così ad un ruolo di testimonianza marginale.

Non solo, all'interno del Parlamentono è stato fatto rimuovere un ritratto di Chavez che era esposto nell’aula e che, secondo la nuova maggioranza di centrodestra che si oppone al governo Maduro, sarebbe il simbolo dell’illegittima politicizzazione delle istituzioni pubbliche. Infine, per colpire ogni simbolo del chavismo, Ramos Allup è arrivato ha far togliere anche un’immagine di Simon de Bolívar sostenendo : “Questo posto non è un cimitero”. Tanto per intenderci Simon Bolivar equivale al nostro Garibaldi o al nostro Mazzini, anzi, per l'America Latina e non solo per il Venezuela  è stato in anticipo una sintesi dei nostri due patrioti.
Un dualismo così conflittuale tra nuovo Parlamento e Governo Maduro è destinato ad acuirsi, malgrado la grave crisi economica e sociale. Anzi, il Venezuela sull'orlo del baratro potrebbe vedere questo dualismo esplodere per arrivare alla resa dei conti.

 

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