IL DIBATTITO TV TRA OBAMA E ROMNEY
Secondo la maggior parte dei sondaggi Romney ha surclassato Obama, soprattutto perché quest’ultimo è parso lontano dalla tenzone. Il presidente in carica non ha voluto essere aggressivo e mostrandosi ben educato ha lasciato il campo all’avversario che ha avuto vita facile nel contestare senza reazione i molti fallimenti soprattutto in politica economica.
Obama ha replicato che Romney deve dire la verità e non promettere quanto sa bene non sarà in grado di mantenere, anche se questa posizione è la medesima di Obama del 2008. Romney, allenato da decine di contradditori durante el primarie repubblicane e messa da parte la componente fondamentalista e Tea party, ha avuto via libera nello spostarsi al centro, ago secondo molti analisti della tornata elettorale. Un nuovo e inaspettato Romney, molto sciolto e senza impaccio che ha sempre cercato lo sguardo del rivale mentre Obama è stato stranamente sfuggente.
Che sia stanco si nota, che la presidenza incanutisca lo si vede chiaramente, ma nessuno si aspettava un Obama quasi rassegnato, forse pago di essere stato il primo presidente afro americano, ma stufo di essere boicottato dal Congresso che rischia di essere sempre più repubblicano.
Gli americani hanno avuto finalmente la possibilità di giudicare le due posizioni e di ponderare il voto di novembre. Romney ha insistito sull’importanza della libertà individuale rispetto all’intervento governativo. Si discuteva soprattutto di politica interna ma noi europei guardiamo più in là e comprendiamo di più Obama che ha una visione sociale e conosca meglio i problemi del mondo. Obama ha dato l’impressione di voler agire da presidente ma gli è mancata la fermezza necessaria nel controbattere secondo istinto e non secondo copione. Ha avuto paura di fare qualche passo falso, quelli che Romney ha accuratamente evitato. Romney che è salito sul palco con un foglietto in mano con scritto Papà per onorarne la memoria ma soprattutto per non ripetere le sue gaffe che gli costarono la candidatura repubblicana nel 1968.
E’ evidente che gli strateghi di Obama devono continuare la campagna tenendo presente l’impasse e spiegare a Obama che la sua verbosità può nuocergli e che deve essere più sintetico, ad esempio, perché gli oratori non bastano più e la gente è anche disposta a tralasciare le grandi e importanti questioni relative all’aborto o all’immigrazione clandestina per dare maggior rilievo al tema del lavoro. Su questo tema potranno adesso avvalersi con facilità delle statistiche di settembre 2012 appena rilasciate che annunciano finalmente la creazione di 114.000 nuovi posti di lavoro e un tasso di disoccupazione del 7.9% contro l’8.1 del mese di luglio, il più basso dal gennaio 2009. Linfa vitale per Obama che può finalmente registrare un successo in materia.
Ernesto R Milani