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La rielezione del presidente Obama

La rielezione del presidente americano Barack Obama è stata netta, e senza i temuti strascichi sul’eventuale conteggio delle schede negli stati dove si prevedeva un testa a testa ravvicinatissimo
La rielezione del presidente Obama

Il Presidente USA, Barack Obama

La drammatica rielezione del presidente uscente americano Barack Obama non significa che la nazione si è riunificata, ma  indica comunque una forte approvazione della politica economica  rivolta alla crescita dei posti di lavoro, alla riforma sanitaria, all'aumento delle tasse e a una riduzione bilanciata del deficit e ad una moderata politica relativa all'immigrazione, aborto  e matrimonio tra persone dello stesso sesso. Un ripudio delle pratiche reaganiane  con le politiche di paura, intolleranza e cattiva informazione.

La vittoria di Obama ha le radici nella Rust Belt del Midwest, stati come l'Ohio, dove Obama ha strutturato il salvataggio dell'industria automobilistica strenuamente osteggiato da Mitt Romney e dove è diventato molto popolare per essere riuscito nel suo intento.

In altre parole, gli elettori del Midwest sembrano aver condiviso la teoria di Obama secondo la quale il governo può e deve avere un ruolo significativo nella creazione di posti di lavoro nel settore privato e nel rilancio dell'economia, rigettando in questo modo la posizione di Romney che vuole Washington fuori  da queste situazioni e lasciar fare al mercato.

L'ultimo tentativo di Romney di aggiudicarsi la Pennsylvania di Santorum mettendo il dito sulla disoccupazione non ha funzionato perché per ottenere posti di lavoro hanno preferito dar retta  a Obama.  Di fatto, Romney, un candidato abbastanza di centro è stato costretto a essere dapprima intransigente su alcuni argomenti quali l’immigrazione per aggiudicarsi le primarie con i voti della destra oscurantista. Le leggi contro gli immigrati clandestini come l’Arizona e il rischio delle deportazioni per molti con famiglia e figli nati negli Stati Uniti hanno impaurito molti ispanici e il riposizionamento finale di Romney non è stato sufficiente, anche se è evidente che proprio questi elettori, tradizionalmente cattolici e conservatori in materia di matrimoni, lo avrebbero preferito a Obama. Come si è visto anche nel caso del voto femminile, l’aborto è considerato un affare non da maschi e quindi anche su questo punto Romney si è alienato una fetta consistente di elettorato.

Si è quindi assistito a grandi linee a un voto che ha mostrato una nazione divisa con le classi più ricche a favore di Romney, soprattutto bianche, mentre Obama ha ricevuto l’approvazione del ceto medio, della grande maggioranza degli afro americani e degli ispanici, anche se un’analisi più approfondita potrà dare un quadro più analitico. Tuttavia il margine di vantaggio per Obama è attorno al 2.5 %, (61.910.595 50.54% Obama contro 58.654.765  47.88% a favore di Romney) con un grande compito per amalgamare il Paese.

La strategia di Romney di incolpare Obama di tutto quanto non funziona negli Stati Uniti, e di avere un piano per ridurre il deficit senza aumentare le tasse o tagliare l’assistenza sanitaria non ha dato i risultati previsti. In realtà una parte dell’elettorato ha continuato a pensare che i guai erano cominciati con George W. Bush e non con Obama. Chi era preoccupato per l’aumento delle tasse ha votato Romney mentre Obama ha avuto dalla sua quelli di chi si preoccupa del mercato immobiliare e dei posti di lavoro, i veri problemi che affliggono oggi l’America.

La maggioranza degli elettori accetta l’aumento delle tasse sia sui ricchi ma anche su tutti, anche se una minoranza rifiuta qualsiasi variazione e ha votato quindi per Romney.Gli americani non sono per niente contenti dello stato dell’economia del loor Paese che alcuni giudicano statica e altri in ulteriore declino ma l’argomento di Romney riguardo la riduzione del deficit non sembra essere stata di vitale importanza per la maggioranza della gente.

Per quanto riguarda invece la riforma sanitaria Obama ha fronteggiato bene l’assalto repubblicano se soltanto un quarto degli americani ha votato per il rifiuto totale.

Molti valori della società americana sono intanto cambiati come dimostra la forte maggioranza che crede nella legalità dell’aborto ed è favorevole ai matrimoni tra omosessuali, argomenti tabù fino a pochi anni fa e la sconfitta di candidati repubblicani troppo estremisti.

Obama dovrà affrontare tra poco il nodo del fiscal cliff, il termine che descrive una serie di aumenti di tasse tagli di spesa che dovrebbero entrare in vigore  a fine 2012, primi 2013. Queste misure ridurrebbero automaticamente il deficit del budget federale di 607 miliardi di dollari, circa il 4% del prodotto interno lordo tra l’anno fiscale 2012 e 2013. Secondo alcuni economisti una misura del genere in tempi di recessione potrebbe causare una doppia recessione, ma altri economisti reputano che non prendere provvedimenti avrebbe effetti deleteri nel breve termine e che la cancellazione anche parziale delle misure senza un piano a lungo termine per fronteggiare il deficit sarebbe comunque dannoso per l’economia americana.

Barack Obama ha cantato giustamente vittoria, ma adesso il Paese si aspetta qualcosa di tangibile. Il fiscal cliff sarà quindi il suo primo banco di prova perchè dovrà dimostrarne la validità di fronte a un Congresso amico e a una Camera a lui nettamente contraria in termini numerici.

Ernesto R Milani

Ernesto.milani@gmail.com

11 novembre 2012

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