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Democratici Nel Mondo

L'Assemblea generale dell'ONU boccia Trump su Gerusalemme

L'Assemblea generale dell'ONU boccia Trump su Gerusalemme

21 dicembre 2017. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha bocciato la decisione di Donald Trump di riconoscere di fatto Gerusalemme capitale di Israele e di spostarvi l'ambasciata Usa da Tel Aviv. Dopo il veto posto lunedì 19 dicembre dagli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza dell'ONU che ha bloccato così la risoluzione proposta dall'Egitto, Turchia e Yemen hanno chiesto la convocazione urgente dell'intera Assemblea. Malgrado le minacce di rappresaglia da parte di Trump e dell'ambasciatrice Nikki Haley nei confronti dei Paesi che si sarebbero espressi contro di loro, ben 128 Paesi hanno votato la risoluzione che boccia la posizione di Trump su Gerusalemme, tra cui l'Italia, mentre in 9 hanno votato a sostegno della decisione di Trump e 35 si sono astenuti.

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Trump: riconosco Gerusalemme capitale di Israele

Trump: riconosco Gerusalemme capitale di Israele

6 dicembre 2017. L'atteso e temuto annuncio di Donald Trump è arrivato. "E' ora di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele", dice il presidente Usa alla Casa Bianca. "Ho dato istruzioni di spostare l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme". Questo non significa un cambiamento nell'impegno degli Stati Uniti a favore del negoziato di pace, si affretta ad assicurare Trump, ma "è ora di riconoscere un fatto ovvio". Non citando mai l'ONU e le sue risoluzioni sullo statuto speciale che dovrebbe avere Gerusalemme abitata sia da israeliani che da palestinesi, rimuovendo il fatto che Gerusalemme Est è occupata militarmente da Israele dal 1967, Guerra dei Sei giorni, ignorando che la Diplomazia internazionale ha stabilito che le Ambasciate estere si collocassero tutte a Tel Aviv, Donald Trump ha spiegato cosa è per lui l'ovvio: " Quando si incontra il Primo Ministro israeliano lo si fa a Gerusalemme. La sede del Primo Ministro israeliano è a Gerusalemme. Il Parlamento israeliano, la Knesset, è a Gerusalemme". Questa scelta unilaterale, così provocatoria non solo per i palestinesi ma per milioni di musulmani, non nasce tuttavia da un'improvvisazione. Non è solo un colpo di teatro per recuperare negli Stati Uniti consensi nel proprio elettorato, nasce da un calcolo azzardato e pericoloso: imporre con la forza ai palestinesi una drastica riduzione delle proprie rivendicazioni, scommettendo che, dopo le proteste, chineranno la testa. Di seguito il resto del discorso di Trump che rivela la pericolosità delle sue posizioni ma anche la determinazione nel portarle avanti.

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Elezioni in Austria e nella Repubblica Ceca: ancora più difficile l'integrazione politica dell'Europa

Elezioni in Austria e nella Repubblica Ceca: ancora più difficile l'integrazione politica dell'Europa

Le recenti elezioni in Austria segnano una significativa svolta politica: come nella vicina Germania siamo alla fine di un governo di grande coalizione, fin qui diretto dal socialdemocratico Christian Kern che, arrivato secondo con il 27%, passerà all'opposizione. Ma a differenza della Germania la svolta a destra in Austria è molto più forte al punto che il partito erede di Haider può alzare la posta per il suo ingresso nel prossimo governo che sarà probabilmente diretto dal giovanissimo Sebastian Kurz, arrivato primo con il suo partito popolare, dopo averlo spostato a destra nell'immagine pubblica e nei programmi e dopo aver messo in crisi l'accordo di governo con i socialdemocratici. Del resto, come Ministro degli Esteri nel recente Governo, il trentenne Kurz si è caratterizzato per aver contribuito alla chiusura della "rotta balcanica" percorsa dagli immigrati in fuga dalla Siria e per aver cavalcato con spregiudicatezza la questione dei controlli al Brennero . Ancora più forte il terremoto politico alle elezioni nella Repubblica Ceca dove il partito socialdemocratico del primo ministro Bohuslav Sobotka è precipitato al quinto posto con un misero 7,6%, il peggior risultato della sua storia. Ha trionfato il miliardario Andrej Babis, già Ministro delle Finanze, dimissionario per accuse di frode e uso illecito di fondi europei, con il suo nuovo partito populista ANO ( Sì, in lingua ceca). Per governare si alleerà con partiti di destra, xenofobi e antieuropei.

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Dopo Mosul in Iraq, liberata Raqqa in Siria. Ma la pace è ancora lontana.

Dopo Mosul in Iraq, liberata Raqqa in Siria. Ma la pace è ancora lontana.

17 ottobre. Le truppe curdo-arabe del Sdf, Syrian democratic forces, hanno liberato Raqqa, la capitale siriana dello Stato islamico dopo che il 9 luglio era stata conquistata dalle truppe irachene da sud e dai peshmerga curdi da nord la seconda città dell'Iraq, Mosul dove per tre anni ha predicato e governato Al Bagdadi, l'autonominato califfo dello Stato Islamico. Ma la pace in tutta l'area è ancora lontana. Anche se hanno perso 2/3 del territorio, i jihadisti superstiti si sono ritirati nelle zone desertiche e tentano di riorganizzarsi. In Iraq il Kurdistan iracheno ha indetto e votato un referendum per la propria indipendenza scatenando le ire di Turchia e Iran e ritrovandosi contro il governo di Bagdad che ha inviato il proprio esercito a strappargli con la forza Kirkuk. Nella Siria, tuttora frammentata, Al Assad ha riconquistato posizioni e potere grazie al sostegno di Putin, ma al confine con la Turchia c'è un'area direttamente sotto controllo dell'esercito turco e un'altra area, il Rojava, ormai autogovernata dai curdi siriani che non hanno alcuna intenzione di ritornare sotto il regime di Al Assad. Questi ultimi sono stati i veri protagonisti della liberazione di Raqqa. Le guerrigliere curde dell'YPJ , donne combattenti dell'Unità di protezione del popolo, ramo femminile del YPG, hanno inscenato in Piazza Naim a Raqqa una sfilata inneggiando ad Abdullah Ocalan, detenuto in Turchia nell'isola di Imrali da 17 anni, leader del PKK, braccio politico e militare dei curdi che vivono nel Sud Est turco.

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Reddito di base universale e incondizionato: intervista a Van Parijs

Reddito di base universale e incondizionato: intervista a Van Parijs

Intervista a cura di Daniele Aglio. Philippe Van Parijs, filosofo ed economista belga, è docente di Etica economica e sociale all’Université catholique de Louvain (Louvain-la-Neuve, Belgio). È conosciuto per essere uno dei più importanti sostenitori a livello mondiale dell’introduzione di un reddito di base universale e incondizionato, come perno di una società giusta. Proprio nella sua università, ho l’occasione di incontrarlo e proporgli una intervista nel suo studio, tra centinaia di libri scritti nelle lingue più differenti. Il 28 ottobre sarà in Italia all'Università di Bologna, invitato da Il Mulino. Il 10 novembre a Roma svolgerà una Lectio magistralis nel Convegno " REDDITO DI BASE. Una prospettiva concreta per il XXI secolo".

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Con il Referendum la Catalogna forza sulla strada dell'indipendenza

Con il Referendum la Catalogna forza sulla strada dell'indipendenza

Marco Pezzoni. Il 1 ottobre 2017 il Governo della Catalogna è riuscito a organizzare il proprio referendum unilaterale per l'indipendenza, inseguito da anni, mai concesso dal Parlamento e dal Governo spagnolo. La maggioranza trasversale indipendentista che governa legittimamente la Catalogna ha concordato e votato con proprie leggi un percorso di "disconnessione" dalla Spagna. Ma questo percorso è legittimo ? Secondo il primo Ministro spagnolo Rajoy e secondo la Corte Costituzionale no. Si apre adesso un braccio di ferro dagli esiti molto incerti. Di seguito una mia intervista pubblicata dal settimanale cremonese " Il Piccolo".

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Nel Kurdistan iracheno stravince il referendum per l'indipendenza

Nel Kurdistan iracheno stravince il referendum per l'indipendenza

Il 25 settembre 2017 è una data storica per il Kurdistan iracheno e per tutti i kurdi che abitano nei Paesi confinanti: Turchia, Siria e Iran. Il referendum indetto tra i 5,3 milioni di cittadini kurdi registrati nelle tre province del Kurdistan iracheno - Erbil, Sulaimaniyah e Dohuk- ha visto un plebiscito del 91,8% a favore dell'indipendenza da Bagdad, con una partecipazione di oltre 4 milioni e 300.000 votanti. La festa è stata grande non solo nel Nord dell'Iraq, ma anche tra le minoranze kurde dell'Iran e della Siria. Masoud Barzani, il leader del Partito Democratico Kurdo, è indubbiamente il vincitore, ma sa che adesso viene davvero il difficile. Per questo la Dichiarazione ufficiale dell'indipendenza verrà rinviata nel tempo per dare spazio ai negoziati sia con Bagdad, sia con due degli Stati confinanti più potenti: Turchia e Iran. Il presidente turco Erdogan, ex alleato di Barzani,è subito volato a Teheran per concordare con il Governo iraniano le prime misure punitive di tipo economico-commerciale nei confronti del Kurdistan iracheno. Il suo timore è che questa "ferita" , così l'ha definita, contagi tutta l'area e la destabilizzi ancora più di quanto ha fatto l'Isis. Ma è davvero questa la sua posizione? E gli interscambi economici e petroliferi tra Kurdistan iracheno e Turchia dove vanno a finire ?

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Elezioni in Germania: Merkel vince contro Schulz ma perde 7 milioni di voti

Elezioni in Germania: Merkel vince contro Schulz ma perde 7 milioni di voti

Il voto politico in Germania del 24 settembre per il nuovo Bundestag è un piccolo terremoto e punisce i partiti di Governo: perdono milioni di elettori sia la CDU-CSU della cancelliera Angela Merkel sia la SPD di Martin Schulz. Non sarebbe una grande novità nel quadro degli umori elettorali che agitano le opinioni pubbliche europee se non ci fosse un evidente spostamento a destra dell'insieme dell'elettorato con l'affermazione dell'AfD, Alternative fur Deutschland, un partito di estrema Destra che raggiunge il 12,6%, diventando il terzo partito della Germania. Rispetto alle elezioni di 4 anni fa, passano a rafforzare l' AfD un milione di voti provenienti dal partito della Merkel, circa mezzo milione provenienti da elettori della SPD, oltre 400.000 provenienti dalla Linke, il partito della sinistra. Le conseguenze sono la fine della Grosse Koalition, il passaggio della SPD all'opposizione, la creazione di un Governo sempre a guida Merkel, ma con liberali e verdi che sull'Unione Europea hanno posizioni piuttosto distanti tra loro.

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A Pechino il Forum internazionale sulla nuova Via della seta

A Pechino il Forum internazionale sulla nuova Via della seta

In uno scenario coreografico grandioso il 14 e 15 maggio Pechino ha ospitato il primo Forum sulla nuova Via della seta, un progetto globale che dovrebbe collegare, anzi connettere, l'Asia all'Europa e rilanciare le loro economie. il presidente Xi Jinping ha ospitato 29 tra capi di Stato e di governo, tra i quali anche il presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, circa 1200 delegati provenienti da 110 Paesi. Presenti anche i vertici di Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e il Segretario generale dell'ONU Antonio Guterres. Gli scenari sono mutati, soprattutto con l’arrivo alla Casa Bianca del presidente Donald Trump, che ha sollevato i timori di possibili derive protezionistiche e la cui imprevedibile politica estera rischia di avere ripercussioni non chiare sugli equilibri asiatici. In questo quadro la Cina rilancia la propria visione politica ed economica e proietta ancora di più i propri interessi a livello internazionale cercando di farli coincidere sia con Paesi in via di sviluppo sia con Paesi in crisi di sviluppo, quali sono molti dei Paesi europei. Il progetto della nuova Via della seta è stato ribattezzato " Belt and Road"- cintura e strada - riguardando sia collegamenti marittimi che terrestri e chiama alla cooperazione per la costruzione o il potenziamento delle infrastrutture strategiche anche l' Italia, con il suo sistema portuale. Per questo di seguito pubblichiamo un articolo bello e completo di Alessandra Spalletta, dell'Agenzia agi.

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Siria: non è guerra civile, è genocidio!

Siria: non è guerra civile, è genocidio!

Nostra intervista ad Asmae Dachan, scrittrice e giornalista italo-siriana. I suoi genitori sono nati ad Aleppo e lei ha tenuto un rapporto non solo affettivo, ma culturale e civile con il popolo siriano e il suo destino. Quando può, torna come giornalista in quelle aree martoriate e visita ai confini i campi profughi. " La società siriana è stata spaccata in due, volutamente. Ma adesso è sbagliato descrivere quel dramma come una guerra civile. E' un genocidio!" In questa intervista Asmae Dachan parla da musulmana, da teologa islamica, da pacifista, da ammiratrice di papa Francesco e sostenitrice del dialogo interreligioso. I negoziati internazionali in corso invece di spartirsi le aree di influenza dovrebbero assicurare prima di tutto il diritto del popolo siriano alla pace.

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Stati Uniti:Trump riesce a picconare la sanità di Obama

Stati Uniti:Trump riesce a picconare la sanità di Obama

Primo vero successo di Donald Trump. Grazie alle mediazioni con le varie anime del Partito Repubblicano e grazie al lavoro dello speaker della Camera Paul Ryan, l'Amministrazione Trump riesce a rimediare alle figuracce fatte nei primi 100 giorni e al rovescio subito nel mese di marzo quando ha dovuto ritirare la prima formulazione della propria riforma sanitaria ostile a quella di Obama. Riformulata così da assicurarsi almeno una maggioranza di stretta misura tra i deputati, la riforma di Trump, che sarebbe meglio definire una vera e propria controriforma sanitaria, è stata approvata alla Camera dei Rappresentanti con 2017 voti contro 213. Adesso passa al Senato dove ci saranno ancora molte difficoltà ma ci potrebbero essere espedienti tecnici per favorirne l'approvazione. Nel seguente articolo pubblicato da "il Post" vengono ricostruiti i principali contenuti e i passaggi di questa iniziativa e le possibili gravi conseguenze sociali sulla popolazione più indifesa.

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Theresa May anticipa all'8 giugno le elezioni in Gran Bretagna

Theresa May anticipa all'8 giugno le elezioni in Gran Bretagna

Con una mossa a sorpresa la premier britannica Theresa May ha anticipato le elezioni per il nuovo Parlamento all'8 giugno di quest'anno e, quel che più importa, ha ottenuto il placet dello stesso Parlamento, compresa l'opposizione laburista. Per questa decisione servivano infatti i 2/3 dei voti dei parlamentari. E così è avvenuto, potendo contare su 330 parlamentari conservatori appartenenti al partito della May e su 229 parlamentari laburisti. Il leader laburista Jeremy Corbin ha accettato la sfida, anche se i sondaggi lo danno perdente con un distacco di 20 punti dal partito conservatore. Più chiare le intenzioni di Theresa May: negoziare da una posizione di forza le condizioni della Brexit con l'Unione Europea e avere tra due anni, a negoziati conclusi, un Parlamento che ne ratifichi gli accordi.

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Emmanuel Macron ultima spiaggia per l'Europa?

Emmanuel Macron ultima spiaggia per l'Europa?

Dopo aver vinto le primarie in Francia, Emmanuel Macron non è solo il nuovo argine contro il nazionalismo e le posizioni razziste di Marine Le Pen, ma potrebbe rappresentare una prima significativa inversione di rotta rispetto all'antieuropeismo montante in tutto il vecchio continente. L'unico candidato a parlare nei propri comizi con la bandiera dell'Unione europea accanto a quella francese. E quello che più importa, Emmanuel Macron è giovane, non è un europeista della vecchia guardia. Il suo europeismo guarda al futuro, alle sfide globali di un mondo in profonda trasformazione. Certo ha avuto coraggio e fortuna nel candidarsi e affermarsi grazie al vuoto politico lasciato per propri demeriti ed errori sia dal partito socialista del Presidente Hollande sia dal partito gollista di Fillon. Sarebbe sbagliato comunque parlare di ultima spiaggia. Dopo Brexit, meglio parlare di una nuova opportunità che si potrebbe aprire per riprendere la strada dell'integrazione politica dell 'Europa. Una strada difficilissima che negli ultimi anni ha perso enormi consensi nelle opinioni publiche dei 27 Stati della UE. Anche a causa delle politiche economiche neoliberiste e di austerità. Su questo terreno, in caso di vittoria, vedremo come il liberaldemocratico e centrista Macron riuscirà a conciliare mercato e giustizia sociale, superamento delle 35 ore e diritti sociali. Tuttavia questo non giustifica l'astensionismo di parte della sinistra francese. La posta in gioco è troppo alta per la Francia e per l'Europa. Il premier greco Tsipras l'ha ben capito e si è espresso a favore di Macron. Dunque, aspettiamo con ansia il voto delle presidenziali francesi del 7 maggio.

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Referendum costituzionale in Turchia: verso il "sultanato" di Erdogan ?

Referendum costituzionale in Turchia: verso il "sultanato" di Erdogan ?

di Daniele Aglio. Il 16 aprile per noi sarà Pasqua, per la Turchia sarà invece un momento di svolta per il suo assetto istituzionale, senza parlare delle possibili conseguenze per la sua politica estera e interna. Il presidente Erdoğan si appresta a trasformare la Turchia da democrazia parlamentare ad una repubblica presidenzialista grazie ad un referendum popolare che si terrà questa domenica. Questa volta il suo disegno può avere successo e allontanare ancora di più la Turchia dall'Unione europea. Molte le responsabilità del partito di Erdogan, dal rilancio del nazionalismo turco all'islamizzazione della società, dalla repressione del giornalismo indipenedente alla aperta ostilità verso la minoranza curda. Ma anche l'Unione Europea ha proprie responsabilità nel non aver saputo integrare per tempo la Turchia, perdendo l' occasione di aiutarne il processo di democratizzazione interna.

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La nostra Europa: unita, democratica e solidale o non sarà

La nostra Europa: unita, democratica e solidale o non sarà

di Marco Pezzoni. A sessant'anni dai Trattati di Roma l'Unione Europea ha perso la sua spinta propulsiva, la sua parabola comincia a declinare. Dai 6 Paesi fondatori si è allargata fino a comprenderne 28, per poi cominciare a perdere pezzi con la Brexit e ad arenarsi sul culto dell'austerità in economia. Da “gigante economico e nano politico”, quale è stata definita, con la più recente globalizzazione comincia ad essere messa in discussione anche la sua forza competitiva sui mercati mondiali, la sua capacità di creare lavoro e garantire un modello di welfare universale e inclusivo. Le nuove sfide globali la trovano impreparata e divisa: la finanziarizzazione dell'economia; un disordine internazionale caratterizzato da un multipolarismo anarchico e turbolento che vede emergere nuove potenze mondiali, Cina innanzitutto; Il Medioriente in fiamme; ondate migratorie crescenti. A metà del guado, l'Europa non ha più la volontà di completare la sua rivoluzione democratica costituendosi in Stati Uniti d'Europa.

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60° dei Trattati di Roma."Europa nostro futuro comune": Documento dei 27 leader europei

60° dei Trattati di Roma."Europa nostro futuro comune": Documento dei 27 leader europei

25 marzo 2017, Roma. Riuniti in Campidoglio, dove 60 anni fa furono firmati i Trattati di Roma, i leader dei 27 Paesi dell' Unione Europea cercano il rilancio e firmano solennemente un Documento comune. Sono 27 e non più 28 Paesi, visto che la Gran Bretagna sta avviando i negoziati per la sua uscita definitiva dopo Brexit e il via libera del proprio Parlamento. Pieno di buone intenzioni, il Documento " Europa nostro futuro comune" risente delle faticose mediazioni tra Stati sempre più gelosi di mantenere quote alte di sovranità nazionale e Stati più favorevoli a rafforzare l'unione politica dell'Europa su nuove materie, quali Difesa comune e Fisco, attraverso lo strumento delle cooperazioni rafforzate. Certo, possibili passi in avanti, tutti comunque rigorosamente all'interno del metodo intergovernativo. Infatti i Trattati esistenti non si toccano e, quindi, nessuna riforma in vista degli attuali equilibri istituzionali che vedono prevalente il ruolo e il potere del Consiglio Europeo, quello esercitato dai 27 Governi, rispetto a Commissione e Parlamento Europeo. Per ora nessuna "fase costituente all'orizzonte", come pure aveva sollecitato il Presidente Mattarella. Del resto Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, era stato esplicito nei mesi scorsi: "inattuale far rinascere il sogno federalista di Altiero Spinelli. La gente non vuole gli Stati Uniti d'Europa". Soprattutto non lo vogliono molti dei 27 Governi. Al punto che nel Documento attuale nemmeno si parla esplicitamente di "un'Europa a più velocità", ma si parla di " un'azione perseguita congiuntamente, a ritmi e intensità diverse se necessario,....lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente." Tutto è dunque demandato alla volontà politica dei singoli Stati e dei rispettivi Governi. Vedremo se almeno le promesse di superare la dottrina dell'austerità, anche questa dissimulata nel testo, porterà a superare il Fiscal Compact. Vedremo se la nuova parola d'ordine della sicurezza verrà coniugata con una gestione solidale e umana dell'emigrazione o, al contrario, se prenderà forza solo l'industria militare europea. Di seguito il testo integrale della Dichiarazione.

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Il 15 marzo l'Olanda premierà col voto l'antieuropeista e xenofobo Geert Wilders?

Il 15 marzo l'Olanda premierà col voto l'antieuropeista e xenofobo Geert Wilders?

Elezioni generali in Olanda il 15 marzo. Il partito di Geert Wilders è sempre al centro dell'attenzione per le sue posizioni antieueropee e islamofobe. Per Wilders l'Isalm non è una religione ma una ideologia da combattere. Primo nei sondaggi fino a ieri, il PVV di Wilders- Partito per la libertà- sarebbe adesso testa a testa con il Partito liberale dell'attuale Primo ministro Mark Rutte. Secondo gli ultimi sondaggi il Pvv di Wilders raddoppierebbe comunque i suoi seggi in Parlamento rispetto alle ultime elezioni. Se ne prendesse davvero 26, arriverebbe quasi alla pari con i conservatori dell’attuale premier Mark Rutte, che potrebbe crollare da 41 a 27, mentre gli alleati laburisti scenderebbero da 38 a 14. Il risultato non sarebbe dettato da ragioni economiche, ma da motivi culturali e identitari. L'ostilità verso l'Islam e gli stranieri saliti al 12,5% e l'insofferenza verso l'austerità imposta dall'UE, Unione bocciata dagli elettori olandesi in due specifici referendum nel 2005 e nel 2016. In ogni caso, siccome nessun partito sembra intenzionato ad allearsi con Wilders, il Pvv potrebbe finire di nuovo all’opposizione.

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In febbraio ripresi gli scontri: a che punto è la guerra in Ucraina?

In febbraio ripresi gli scontri: a che punto è la guerra in Ucraina?

Nel mese di febbraio nell'est dell'Ucraina sono ripresi gli scontri armati con una intensità sconosciuta nell'anno precedente. Iniziata nell'aprile 2014 tra le forze governative filo-occidentali di Kiev e i separatisti filorussi che hanno occupato la regione del Donbass, la guerra ha avuto una diminuzione di intensità se non una tregua a partire dagli Accordi di Minsk del febbraio 2015. Riconfermati successivamente, gli accordi prevedono un riconoscimento di autonomia da parte del Governo ucraino ai territori autoproclamatisi Repubbliche indipendenti e il rispetto degli attuali confini ucraini del Donbass da parte della Russia. Il presidente ucraino Petro Poroshenko, magnate del cioccolato, prima ministro di governi filorussi, poi ministro di governi filo-occidentali, dalla rivolta di Maidan ha optato chiaramente per la Nato e per l'Unione europea, ma ha perso il filo di comprensione con Putin. La Russia, che si dichiara estranea alle scelte dei separatisti del Donbas, in realtà ha puntato a consolidare del tutto l'acquisizione della Crimea e non pare interessata a una rapida soluzione politica del conflitto alimentato dalle Repubbliche separatiste. Anzi, lasciare irrisolto quel conflitto le attribuisce un potere di forte condizionamento dei futuri equilibri interni alla stessa Ucraina.

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E' scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina. E l'Europa ?

E' scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina. E l'Europa ?

di Daniele Aglio. Da poche settimane Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca ed è già una seria minaccia per gli equilibri precari dell’Unione Europea. Non mi riferisco tanto alle sue esternazioni contro la Commissione o altri leader politici, quanto ad un fatto molto più pericoloso: la guerra che sta soltanto iniziando tra Stati Uniti e Cina. Vi sono molteplici fattori che in questo anno si concretizzeranno e definiranno un nuovo equilibrio nel panorama del commercio internazionale (salvo altre spiacevoli conclusioni della guerra commerciale).

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Donald Trump ordina un nuovo muro tra Stati Uniti e Messico

Donald Trump ordina un nuovo muro tra Stati Uniti e Messico

25 gennaio 2017. Donald Trump ha firmato l'ordine esecutivo per dare il via alla costruzione del nuovo muro lungo il confine tra Stati Uniti e Messico. E'più corretto parlare di nuovo muro, perchè barriere di vario tipo lungo il confine con il Messico esistono già, anche se coprono solo parzialmente l'intero tracciato che è di 3.200 km. Ma il 45esimo presidente ha inteso dare un rilievo più complessivo al suo progetto: prima viene la sicurezza degli Stati Uniti, senza alcuno sconto ai vicini, senza nessuna debolezza verso gli immigrati. Il Messico dovrà piegarsi, volente o nolente e contribuire a finanziare il Muro. E mano dura verso gli immigrati irregolari: a differenza di Obama, carceri lungo il confine e fine della politica del " cattura e poi libera" per chi entra illegalmente.

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Editoriale

Prove di coalizione, ma il Rosatellum è funzionale ad un futuro Governo Renzi-Berlusconi

di Paolo Bodini. Mentre le varie forze politiche si sentono già in campagna elettorale ed entro il mese di dicembre stringono i tempi per gli apparentamenti ( più che per vere e proprie coalizioni); mentre la temperatura sale e le polemiche si fanno più aggressive su tutti i media, il cittadino elettore è indotto a pensare che nel tripolarismo italiano i tre poli - Forza Italia con Salvini e Meloni, PD di Renzi con i suoi nuovi "cespugli", Movimento 5 Stelle - siano davvero alternativi tra di loro. Purtroppo non è così. Ad affossare la logica dell'alternanza viene in aiuto la nuova Legge elettorale, il Rosatellum, fatto passare in Parlamento a colpi di fiducia. Il Rosatellum è predisposto in modo da favorire, se non rendere inevitabile, l'accordo di Governo tra Renzi e Berlusconi. Ecco perchè. continua>>
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